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Così l’impatto delle politiche Bce sui mutui variabili

Secondo CRIF, i tassi sulla rata media sono cresciuti mediamente del 36% rispetto ai minimi di metà 2022. Tuttavia all’aumento dei tassi di interesse non ha fatto seguito un incremento del tasso di insolvenza

di Redazione

Le attuali politiche monetarie della BCE, la Banca centrale europea, che puntano ad abbattere l’inflazione nell’Eurozona – uno dei target della BCE è mantenere un tasso di inflazione del 2% a medio termine –, hanno avuto molteplici ripercussioni. Una riguarda quanti, privati e ditte individuali, hanno sottoscritto un mutuo a tasso variabile, che rappresentano una porzione consistente: secondo i risultati di un’analisi realizzata da CRIF, elaborata sul patrimonio informativo del Sistema di informazioni creditizie EURISC, a gennaio del 2022 il 26% dei mutui ipotecari era a tasso variabile.

Foto di Alev Takil su Unsplash

Tra gli effetti più evidenti delle politiche monetarie della BCE, c’è l’aumento dei tassi sulla rata media, cresciuta mediamente del +36% rispetto ai minimi di metà 2022, con un picco del +49% per i mutui erogati nell’ultimo quinquennio.

Contestualmente l’incremento delle rate mensili ha generato un peggioramento significativo del rapporto tra la rata e il reddito: in media di 8 punti percentuali dai minimi di metà 2022. E, anche in questo caso, il peggioramento è stato ancora più evidente per i mutui erogati negli ultimi cinque anni: 10 punti percentuali.

L’analisi di CRIF ha registrato una “curiosa” dinamica: all’aumento dei tassi di interesse non ha fatto seguito un incremento del tasso di insolvenza dei soggetti che devono estinguere un mutuo a tasso variabile.

L’analisi dell’indice di tensione finanziaria, costruito da CRIF per identificare casi di eccessivo indebitamento e prevenire situazioni di dissesto, mostra invece un peggioramento. In questo caso, i soggetti con mutui a tasso variabile mostrano un aumento della tensione finanziaria, con uno spostamento di oltre 15 punti percentuali dalle classi di livello basso e medio-basso a quelle di livello medio-alto e alto.

Le politiche monetarie della BCE, inevitabili dopo il notevole incremento del tasso di inflazione, il cui andamento al rialzo, già in atto durante il biennio pandemico, è stato ulteriormente sollecitato dall’invasione russa dell’Ucraina, nel febbraio del 2022, che ha avuto ripercussioni sul costo dei prodotti energetici, stanno conseguendo i loro obiettivi. A febbraio l’inflazione è scesa al 2,6%, dal 2,8% di gennaio, secondo l’Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Eurozona. Un trend che dovrebbe proseguire sia stando alle stime della BCE – l’obiettivo del 2% verrà centrato nel 2025 – che dei consumatori della Zona euro.

Secondo la consueta indagine mensile realizzata dall’Eurotower, a febbraio i consumatori vedono l’inflazione complessiva al 3,1% nel prossimo anno, inferiore rispetto alle aspettative del 3,3% di un mese prima.

«Sono ora al livello più basso dall’inizio della guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina a febbraio 2022», ha scritto la BCE, commentando i risultati della rilevazione.

 

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