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Il settore dell’auto nell’era di Sergio Marchionne

L'ex ad di FCA ha guidato il gruppo nelle diverse fasi di un mercato segnato dalla crisi e in profondo cambiamento, proiettandolo nel futuro
di Fabio Germani

È morto all’ospedale di Zurigo dove era ricoverato da alcune settimane, Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo automobilistico FCA fino a pochi giorni fa. Per quanto possa sembrare una frase fatta, con lui finisce davvero un’era. E non è detto che ciò sia vero esclusivamente per FCA, bensì per l’intero settore dell’auto. Certo, lui è l’artefice del risanamento del gruppo e del suo rilancio internazionale (anche grazie all’acquisizione della statunitense Chrysler). La sua storia, insomma, è legata a doppio filo a quella della casa torinese. Ma Marchionne aveva anche intuito – ormai prossimo a lasciare in ogni caso la guida di FCA, passaggio che sarebbe dovuto avvenire nel 2019 – quali cambiamenti il settore è prossimo a dover affrontare, le sfide e le opportunità del futuro. Marchionne ha consolidato il successo del gruppo italiano nel bel mezzo di una crisi economica che enormi ripercussioni ha avuto sul mercato dell’auto, per poi cavalcare l’onda della ripresa ora messa di nuovo alla prova da possibili guerre commerciali in un’ottica protezionista.

«La metà delle auto prodotte nel mondo entro il 2025 sarà ibrida, elettrica o a celle di combustibile», aveva previsto Marchionne parlando con Bloomberg all’inizio di quest’anno, ricordando che FCA ha in programma la produzione di una Jeep Wrangler ibrida nel 2020. C’era la consapevolezza di un business in costante mutamento: «I cambiamenti tecnologici che sono in arrivo lo renderanno probabilmente ancora più sfidante di quanto non lo sia mai stato». Per questo – in linea con l’andamento generale – FCA aveva ricominciato a incrementare gli investimenti (impianti, ma anche Ricerca e Sviluppo), nella consapevolezza, cioè, di un mercato di riferimento sempre più mutevole.

L’era Marchionne, dicevamo, ha attraversato un periodo di profonda crisi. Oltre 40 mesi di crolli, per poi cominciare a risalire la china a partire dal 2014. Se si guarda al caso italiano, tuttavia, la crisi non è la spiegazione di tutto. Altri elementi, quasi un corollario alla congiuntura economica negativa, hanno determinato il momento di difficoltà, dal caro-carburanti al caro-assicurazioni, dall’accesso al credito nel frattempo divenuto particolarmente ostico all’elevata tassazione. Oggi – secondo le stime di Promotor di fine 2017 – il settore dell’auto è tornato a dare un contributo importante all’economia italiana (una spesa, nel nostro paese, di 189 miliardi, pari a circa l’11% del Pil).

E oggi quali sfide attende il mercato dell’auto? La più significativa – anche alla luce dei recenti scandali, il dieselgate su tutti – riguarderà il passaggio, seppur graduale, ad un tipo di veicoli sempre meno inquinanti. Un mutamento che riguarda da vicino la sfera dei consumatori. Stando a recenti dati Doxa per l’Osservatorio Findomestic, nel 2030 appena il 3% dei veicoli avrà una propulsione a gasolio (si prevede un forte calo anche per la benzina), mentre il 46% saranno ibridi e il 26% elettrici. E anche proiettando lo scenario ad un periodo più breve, nelle intenzioni di acquisto solo il 19% degli automobilisti sembra favorevole a restare “fedele” al gasolio. Che oggi vale il 48%.

@fabiogermani

 

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