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«L’ascensore sociale è guasto?»

Se lo chiede l'Ocse, considerando le difficoltà che incontrano le persone che nascono in famiglie più povere. L'Italia, ricorda il Censis, è il paese dell'UE con la più bassa quota di cittadini che affermano di aver raggiunto una condizione socio-economica migliore di quella dei genitori
di Fabio Germani

«L’Italia è ormai il paese dell’Unione europea con la più bassa quota di cittadini che affermano di aver raggiunto una condizione socio-economica migliore di quella dei genitori: il 23%, contro una media Ue del 30%, il 43% in Danimarca, il 41% in Svezia, il 33% in Germania. Il 96% delle persone con un basso titolo di studio e l’89% di quelle a basso reddito sono convinte che resteranno nella loro condizione attuale, ritenendo irrealistico poter diventare benestanti nel corso della propria vita». Non è tutto qui, naturalmente, ma c’è molto dell’Italia di oggi raccontata dal Censis nell’annuale rapporto sulla situazione sociale del paese. Da noi l’ascensore sociale sembra funzionare decisamente meno che da altre parti, anche se le cose pure altrove non sembrando andare a gonfie vele. Al punto che l’Ocse è arrivata di recente a chiedersi: «L’ascensore sociale è guasto?».

«La mobilità delle condizioni economiche tra generazioni», spiega una pubblicazione di qualche giorno fa della Banca d’Italia a cura di Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio, «è una caratteristica fondamentale per una società. La possibilità di conseguire un miglioramento delle condizioni di vita costituisce un potente incentivo allo sviluppo delle proprie capacità, all’innovazione, all’impegno nel lavoro; ne trae beneficio non solo il singolo individuo, ma anche l’intera collettività, che può avvantaggiarsi di una più robusta crescita dell’economia». Il problema è che in Italia sta diventando sempre più complicato osservare potenziali criteri di uguaglianza, utili cioè a determinare il successo di un individuo. Anzi, negli ultimi anni sembra essersi rafforzata l’evidenza di una specifica dinamica: chi nasce in una famiglia ricca o molto benestante avrà maggiori opportunità nella vita; chi al contrario nasce povero, incontrerà molte più difficoltà a migliorare la propria condizione. Un problema, perché tale divario può allargare le differenze tra “cittadini di serie A” e “cittadini di serie B”, alimentando possibili tensioni sociali che già la crisi economica ha contribuito ad aumentare nel mondo. «Il successo economico di un individuo – ricordano inoltre i due ricercatori che hanno condotto lo studio – può essere ostacolato (o favorito) dall’esistenza di fattori che sfuggono al controllo delle persone (come per esempio il sesso, il luogo di nascita, l’etnia, l’istruzione e le condizioni economiche della famiglia di origine)».

Uno dei canali di trasmissioni delle condizioni di benessere dai genitori ai figli è l’istruzione. E incrociando dati e precedenti studi sul tema, si nota che un fattore dirimente «è rappresentato dalla differenziazione per indirizzi della scuola secondaria. Gli studenti si autoselezionano nelle diverse tipologie di istruzione secondaria (o nell’abbandono scolastico) sulla base dei risultati precedentemente conseguiti e della professione e del titolo di studio dei propri genitori. Tale meccanismo determina una segmentazione della popolazione di studenti (ad esempio tra licei e scuole professionali) fortemente correlata con le classi sociali di provenienza; la segmentazione si rafforza nel tempo attraverso il meccanismo del peer effect, secondo cui gli individui con caratteristiche simili condividono valori, aspirazioni e comportamenti e rafforzano dunque nei singoli individui le caratteristiche prevalenti del gruppo. Infine le famiglie agiate che usufruiscono di scuole private a pagamento tendono ad avvantaggiarsi di un ambiente esterno selezionato, per censo e per professione, con potenziali vantaggi nella loro carriera successiva».

Non si tratta di una caratteristica esclusiva dell’Italia, è solo che da noi si verifica di più. Secondo il rapporto Ocse, nei paesi dell’area il reddito medio del 10% più ricco è oltre nove volte quello del 10% più povero. Viene poi quantificato in quattro generazioni e mezzo (cinque in Italia) il lasso di tempo che occorre a chi nasce in famiglie più povere di pareggiare il livello medio del reddito nel proprio paese. Favorire l’istruzione (contrastando l’abbandono scolastico), sostenere il reddito e l’inclusività nel mercato del lavoro attraverso l’ausilio di adeguate politiche attive sono, non a caso, le raccomandazioni ai governi dell’Organizzazione di Parigi.

@fabiogermani

 

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