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Dalla crisi ad oggi, così le “altre” economie d’Europa

Non solo Germania, Francia o Spagna. Curiosi, piuttosto, sono i casi di Irlanda, Malta, Polonia, Estonia e Romania

di Matteo Buttaroni

Normalmente quando i quotidiani e le analisi dei centri studi confrontano l’andamento dell’economia italiana con quello degli altri Paesi tendono a farlo con quello della Germania, con la Francia, la Spagna e il Regno Unito, perché insieme al nostro Paese sono quelli che in Europa vantano un Prodotto interno lordo più elevato. Per questo ci si imbatte di rado nell’andamento economico di realtà come la Polonia, per esempio, o la Romania o la Lituania. 

Eppure, dallo scoppio della crisi economica ad oggi, anche queste economie – che di solito osserviamo “meno” – hanno presentato dinamiche interessanti. Prendiamo per esempio l’Irlanda, Malta e Polonia. Secondo le rilevazioni della Commissione europea queste tre economie sono quelle che tra il 2007 ed il 2017, nonostante le difficoltà riscontrate in tutta l’Unione europea,  sono cresciute maggiormente, mettendo a segno rispettivamente un +4,1%, un +4,2% e un +3,3%. Nella top ten troviamo poi Romania (+2,5%), Slovacchia (+2,4%), Bulgaria (+1,9%), Lussemburgo (+1,9%) Svezia (+1,6%), Repubblica Ceca (+1,5%) e Lituania (+1,3%): tutte con una crescita tra 2007 e 2017 superiore a quella della Germania (undicesimo posto) e alla media dell’Ue e dell’Eurozona. Al contrario, Grecia, Italia e Croazia sono quelle che ad oggi sono più in difficoltà, con un divario negativo rispetto all’anno pre-crisi del 2,9%, dello 0,6% e dello 0,2%. 

In effetti anche guardando ai singoli anni considerati dall’analisi della Commissione si possono osservare dinamiche simili. Nel 2007 è la Lituania il Paese che è cresciuto maggiormente, con un +11,1% (segue la Slovacchia con un +10,8%). Nel 2008 la crescita più marcata ha invece interessato la Romania (+8,3%). Nel 2009 un caso ancora più singolare: a fronte di una contrazione generalizzata dei Pil di tutti i Paesi dell’Unione, solo la Polonia ha registrato una crescita, e nemmeno limitata: +2,8%. Nel 2010 la crescita maggiore ha invece interessato il Lussemburgo con un +4,9%, nel 2011 e nel 2012 l’Estonia con un +7,6% e un +4,3%, nel 2013 e nel 2014 Malta con un +4,6% e un +8,1%. Altro caso degno di nota è quello che nel 2015 ha interessato l’Irlanda, quando l’ufficio di statistica di Dublino registrò un +25,1%. 

Dati Eurostat

Commentando l’insolito risultato, il Sole 24 Ore (in un articolo del 12 luglio del 2016, in cui sottolineava che il dato era anche stato rivisto al rialzo al +26,3%) spiegava che l’Irlanda è un’economia molto piccola e molto aperta «e soggetta a fluttuazioni molto ampie anche a causa della presenza di grandi multinazionali attratte dal suo sistema fiscale che prevede tassazioni societarie molto attraenti con una aliquota leggera al 12,5 per cento». Nel 2015, infatti, trasferirono la propria sede a Dublino molte società multinazionali, comportando un aumento notevole dello stock di capitale fisso nei conti nazionali. A ciò, ricorda il Sole 24 Ore, si aggiunse anche un «aumento del numero di aerei importati con contratti di leasing internazionali». Due fattori che comportarono la straordinaria variazione del Pil irlandese di quattro anni fa.  

Tolto il caso irlandese, anche nel 2015 spicca ancora Malta (abbiamo già visto che sia nel 2013 che nel 2014 la sua economia è quella che è cresciuta maggiormente nell’area) con un +9,6% a cui è seguito il +5,2% del 2016, pure in questo caso il tasso di crescita più elevato dell’Ue. Nel 2017 la maglia rosa è spettata nuovamente all’Irlanda, con un +7,2% (anche in questo caso il dato è stato influenzato fortemente dalle multinazionali). 

 

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