Twitter, quando il social network è più veloce delle agenzie
Il villaggio globale non dà tregua. E non serve alcuna osservazione scientifica: basta aprire la home page di un qualsiasi quotidiano per rendersene conto, un mero esercizio empirico. In poche ore, infatti, si è passati dall’ansia collettiva per il Giappone dilaniato dalle radiazioni nucleari ad un maggiore stato di allerta rivolto alla Libia. La risoluzione dell’Onu, approvata il 17 marzo, ha di fatto ribaltato l’agenda setting costituendo nuove priorità nonché esigenze informative. Circostanza resa evidente dai trend dei social media. Twitter, data la sua immediatezza, è da considerarsi una complessa agenzia di stampa dal basso, tanto efficace da indurre persino i grandi giornali a servirsi dei cinguettii per i propri aggiornamenti (La Repubblica ha in questo momento una pagina dedicata con il widget di ricerca del social network per seguire in tempo reale i tweet sulla crisi libica). Tuttavia, nonostante il rapido flusso di notizie provenienti dalla Libia e dalle aree in guerra, la politica internazionale è invece apparsa flemmatica. La decisione di ricorrere a un eventuale intervento della Nato sotto l’egida dell’Onu (che vede l’Italia in prima linea tramite la concessione di basi militari) era attesa da giorni, ma è stato Gheddafi in persona a sciogliere qualsiasi riserva. Le ostentate minacce del dittatore libico (dai flussi migratori privi di controllo alle eventuali alleanze con al-Qaeda) e le azioni di riconquista dei territori in mano ai ribelli hanno provocato una reazione che, secondo molti, era auspicabile anzitempo. Francia e Gran Bretagna hanno giocato un ruolo decisivo in questo senso, mentre al Parlamento europeo si è sviluppato un dibattito sull’inazione dell’Ue in Libia. Sono emerse, non a caso, posizioni piuttosto negative (il congelamento dei beni della famiglia Gheddafi in Europa e la tardiva richiesta al Colonnello di farsi da parte non sono state ritenute mosse sufficienti), addirittura c’è chi, tra gli europarlamentari, ha sostenuto di fare affidamento sulla Francia, sul Regno Unito e sugli Stati Uniti, ma non sull’Europa. Osservazione che di per sé parrebbe un ossimoro, quantomeno una contraddizione in termini, ma che tale non è considerate le discrepanze di vedute e comunicative tra i Ventisette. È soprattutto nei periodi di crisi che si avverte il bisogno di una leadership compatta e, sebbene il Trattato di Lisbona abbia istituito organismi e figure chiave negli affari internazionali, l’impressione è che al vecchio continente manchi ancora una guida che renda univoca la propria voce. Così come, del resto, le grandi potenze non hanno certamente brillato per lungimiranza rispetto all’ondata di proteste che ha colpito il nordafrica. Resta ora da capire come si muoverà Gheddafi, e se il “cessate il fuoco” che ha annunciato è reale o fittizio.