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Il contact tracing, tra necessità e timori

«Immuni» è l’applicazione scelta per il tracciamento dei movimenti nella fase 2. Come funziona? E quali sono le direttive europee in materia?

di Redazione

Il commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, ha firmato l’ordinanza con cui ha scelto l’applicazione che raccoglierà informazioni utili per tracciare i movimenti delle persone nella fase 2, in modo da contenere i possibili contagi (almeno il 60% degli italiani dovrebbe utilizzarla affinché possa avere efficacia). I progetti presentati ed esaminati sono stati in tutto 319, ad aggiudicarsi la vittoria del bando è stata la società Bending Spoons, che è un’eccellenza italiana nello sviluppo di app per iOS, che si è offerta di sviluppare l’applicazione in modo totalmente gratuito e di farsi carico anche dei costi di aggiornamento. L’app si chiama Immuni e  prevede un tracciamento via Bluetooth, ovvero tramite la tecnologia che permette ad un dispositivo di conoscere quelli vicini con cui è entrato in contatto, quindi nel caso un cittadino risultasse positivo le informazioni raccolte dall’app verrebbero trasmesse al personale sanitario, in modo che possa avvisare coloro che sono stati a contatto con il soggetto contagiato. I dati sono bloccati nel suo telefono finché non si ha la certezza che l’utente risulti contagiato, a questo punto si può risalire ai dispositivi – e quindi alle persone fisiche – con cui è stato a contatto e avvisarli. Oltre al tracciamento l’applicazione prevede una sorta di cartella clinica, da aggiornare regolarmente con eventuali sintomi.

Secondo quanto riportato l’app garantirà l’anonimato, come stabilito dalle direttive del Garante europeo per la privacy, e non utilizzerà il Gps, quindi non geolocalizzerà gli utenti, raccoglierà informazioni solo sulla “posizione relativa”, quella cioè rispetto gli altri dispositivi. Il download e l’effettivo utilizzo della app è su base volontaria, ma, come dicevamo all’inizio, secondo il garante della privacy italiano e il ministro all’innovazione, affinché sia efficace è necessario che almeno il 60% della popolazione la scarichi.

I dubbi e le reticenze maggiori da parte dei cittadini riguardano le questioni della sicurezza della privacy e del trattamento dei dati, per questo motivo e visto che il tema riguarda la sicurezza nazionale, il Copasir ha intenzione di «approfondire la questione dell’app Immuni sia per gli aspetti di architettura societaria sia per quanto riguarda le forme scelte dal commissario Arcuri per l’affidamento e la conseguente gestione dell’applicazione, non escludendo l’audizione dello stesso Arcuri ritenendo che si tratti di materia afferente alla sicurezza nazionale».

A livello formale e dalle informazioni sulle caratteristiche tecniche che sono state rese note, l’applicazione rispetta le raccomandazioni dettate a livello europeo al fine di garantire un corretto utilizzo dei dati e di preservare la privacy dei cittadini comunitari.

Infatti, la Commissione europea e il Garante europeo per la privacy, in accordo con tutti gli stati membri, hanno stabilito delle regole per il contact tracing e prevedono che le app utilizzino la tecnologia Bluetooth – e non la posizione degli utenti – e che garantiscano la sicurezza nel trattamento dei dati. Il secondo aspetto è la volontarietà dell’utilizzo da parte dei cittadini. Fondamentale è l’interoperabilità nell’Ue, il che significa che deve poter essere efficace in tutti gli stati membri, anche perché l’app serve anche e soprattutto ad allentare le restrizioni. Inoltre, deve garantire l’anonimato ovvero le app allerteranno le persone che sono state a contatto con un soggetto positivo, senza rilevarne l’identità.

 

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