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Emergenza sanitaria, così la corsa al vaccino anti-Covid

Parte della comunità scientifica è dubbiosa sui tempi, mentre l’Oms frena gli entusiasmi. Intanto, però, anche Usa ed UE accelerano sulle prime dosi

di Redazione

L’Organizzazione mondiale della sanità frena gli entusiasmi: «Non ci aspettiamo di vedere una vaccinazione diffusa fino alla metà del prossimo anno», ha spiegato oggi, venerdì 4 settembre, la portavoce Margaret Harris, in un briefing alla stampa sul coronavirus a Ginevra. Intanto, però, accelera la corsa al vaccino anti-Covid. Con più di 26 milioni di casi di coronavirus registrati nel mondo, a fronte di rialzi che stanno interessando diversi paesi (in Europa soprattutto Spagna e Francia), sembra essere diventata questione di pochi mesi la risposta alla pandemia. 

Russia e Cina hanno annunciato da qualche settimana il proprio vaccino – tra i dubbi di parte della comunità scientifica su una completa sperimentazione –, ora è il momento di Stati Uniti ed Europa. Specialmente oltreoceano non sono mancate le polemiche per le pressioni di Donald Trump sul rilascio di un vaccino a breve, etichettate come uno spot elettorale in vista delle presidenziali di novembre al fine di recuperare terreno sul rivale democratico, Joe Biden, ancora avanti nei sondaggi. 

In molti, infatti, data la situazione emergenziale, ritengono la corsa al vaccino una sorta di “soft power”, una competizione che non esclude nuove tensioni tra paesi “rivali” durante la fase di distribuzione. In soccorso a Trump, però, è intervenuto Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, secondo il quale sarà un «obbligo morale» interrompere i test ancora in corso se le risposte saranno soddisfacenti e passare alla fase di distribuzione (i Center for Disease Control and Prevention hanno stabilito che la priorità sarà data tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre ai lavoratori sanitari e ai gruppi più a rischio, ad esempio gli anziani o i soggetti con malattie pregresse). Inoltre c’è da considerare la decisione della Commissione europea di assicurarsi per novembre la fornitura di almeno 300 milioni di dosi del vaccino Oxford (che coinvolge direttamente l’Italia). 

Ad ogni modo sono oltre 200, stando all’Oms, i possibili vaccini, mentre cinque sono entrati nella fase tre della sperimentazione clinica (negli Usa e in Europa). Il ministro della Salute, Roberto Speranza, è tornato a sottolineare ieri, 3 settembre, la necessità di investire, ritenendo il vaccino la soluzione «vera al problema». Nell’attesa, l’attenzione è rivolta soprattutto alla scuola e al lavoro, con il possibile ricorso allo smart working per i genitori con i figli costretti in casa se viene rilevato in classe un caso positivo. Il governo vorrebbe però procedere anche nelle scuole con la sperimentazione dei test rapidi, già utilizzati nelle ultime settimane nei porti e negli aeroporti.

 

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