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Benedetto XVI ad Assisi apre al dialogo tra le Religioni

di Antonio Caputo

Stretta tra l’alluvione che ha spazzato le Cinque Terre e la Lunigiana, da un lato, e l’accordo europeo sul fondo salva Stati con tanto di lettera del Governo italiano, che ha sì avuto l’approvazione preventiva di Bruxelles (col pressante invito, però, a rispettare i tempi in essa indicati), ma che ha d’altro canto scatenato un finimondo nel dibattito politico interno sul tema dei licenziamenti, dall’altro, è sembrata rimanere un po’ in secondo piano (almeno per lo spazio che le è stato dedicato da tv, giornali e siti internet) la visita del Papa ad Assisi, la prima di Benedetto XVI come Pontefice.
L’incontro con i rappresentanti delle altre Fedi, non solo cristiane, né soltanto quelle monoteiste (accanto ai Cristiani, Ebrei e Musulmani), ma anche delle filosofie orientali giunto alla quarta “edizione”, si è tenuto in occasione del XXV anniversario del primo, che avvenne nel 1986, voluto all’epoca da Giovanni Paolo II, per promuovere la pace ed il dialogo tra le Religioni ed i popoli, in un’epoca che stava andando verso la fine della Guerra Fredda, e che sembrava aprire prospettive nuove (in parte realizzate, in parte deluse) nella storia, non soltanto europea, ma mondiale.
In altre due occasioni il Pontefice (sempre Giovanni Paolo II) si era recato ad Assisi, per il dialogo interreligioso: nel 1993, all’epoca della feroce guerra in Bosnia-Erzegovina, e nel 2002, all’indomani dei tragici attentati dell’11 Settembre alle Torri Gemelle di New York; come si vede, si è trattato di momenti assai difficili, e segnati da particolari tensioni internazionali che rischiavano di compromettere il dialogo tra religioni, in particolare tra cristiani e musulmani.
Non che sia meno difficile il momento attuale: la guerra in Libia appena terminata, ma che ha lasciato strappi non così facilmente ricucibili; le tensioni in Egitto, dove a soffrire, e tanto, è la comunità cristiana dei Copti, minoranza bersagliata dal radicalismo islamico e non certo protetta dai governi egiziani laici (quello di Mubarak prima e la giunta militare che ha scalzato il Rais, ora); le rivolte della Primavera Araba che, abbattuti i regimi autoritari sì, ma anche laici, potrebbero dar luogo a governi islamisti, solo per citare alcuni, tra i tanti esempi che si potrebbero fare.
L’incontro di Assisi, però, non è stato importante solo dal punto di vista del dialogo con le altre Religioni, ma anche per i temi toccati dal Pontefice: innanzi tutto l’estensione del dialogo agli agnostici, e poi la condanna del fondamentalismo religioso e della sete di denaro e potere che schiavizza ed annichilisce l’uomo, alienandolo.
Particolarmente importante (anche perché non è la prima volta), è il ponte gettato, appunto, verso gli agnostici, con l’invito (questo pure non certo una novità per l’attuale Pontefice) all’esempio concreto da parte dei credenti, se si vuol far si che i non credenti possano aderire alla Fede. Ed è un invito, quello all’esempio, che vuol scuotere le coscienze, a partire proprio dall’interno del mondo cattolico, nel senso di una rinnovata purificazione: se il credente non traduce nei propri comportamenti ciò che professa a voce, l’ateo rimarrà tale, non rinvenendo alcun valore aggiunto negli uomini di Fede.
Certamente non sono di esempio per i credenti il culto del denaro, e del potere, che allontanano la persona da Dio; né è accettabile, a detta del Pontefice, il “ricorso alla violenza, all’arroganza e alla sopraffazione per affermare la propria Fede” tanto che – prosegue Papa Benedetto –, chi si comporta in tal modo, nega, di fatto la Religione. Il Papa, nel riconoscere che anche da parte cristiana si è fatto ricorso a questa forma di integralismo, ha chiesto scusa dicendo di provare vergogna per questo.
Il richiamo del Pastore al proprio gregge, perché sia di esempio, e la condanna della sopraffazione in materia religiosa, dichiarata incompatibile con la Fede cattolica, sono, senza dubbio, una bella lezione, non c’è che dire, per chi accusa l’attuale Pontefice di essere un fondamentalista; se i toni di Ratzinger sono questi, e se la Chiesa è tra le pochissime istituzioni, se non l’unica, ad aver chiesto scusa per i propri errori, (non risulta l’abbiano fatto feroci dittature, o altre Religioni nel cui nome si continua ad uccidere), evidentemente il fondamentalismo alberga altrove, non certo a San Pietro e dintorni.

 

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