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La democrazia, una conquista da difendere

Le monetine lanciate davanti al Quirinale e gli insulti rivolti a Berlusconi che si accingeva a rassegnare le dimissioni da presidente del Consiglio sono, ovviamente, nulla al confronto delle sirene spiegate delle ambulanze, degli spari, dei 40 (e forse oltre) morti a Piazza Tahrir e del numero spropositato di feriti dopo gli scontri di sabato, domenica e lunedì a Il Cairo. Sembrerà assurdo ricordarlo, ma ciò differenzia una democrazia compiuta dai luoghi in cui si tenta strenuamente di formare la propria identità. Quanto successo a Roma un paio di settimane fa è stato salutato da molti come una “liberazione”, da altri come una spropositata reazione incurante del rispetto nei riguardi dell’avversario per quanto da anni, spesso a ragione, osteggiato e vituperato (Aldo Cazzullo è stato uno dei portabandiera di questa seconda linea di pensiero sulle pagine del Corriere della Sera).
La “libertà ritrovata”, per taluni, non può essere però sintomatica della sensazione di una democrazia a rischio (già che se ne parli apertamente è la dimostrazione di un pericolo mai corso). Semmai, per meglio dire, è l’emblema di un insieme di fattori che vanno riscoperti e che costituiscono il sistema-Paese nel frattempo smarrito. La crisi economica, in questo senso, è l’effetto della perdita di alcuni valori, di alcuni indici fondamentali.
In Egitto quei valori sono tutti da conquistare. La folla è tornata ad occupare Piazza Tahrir condividendo la paura di ricadere nel baratro, di passare dal regime dell’ex rais, Hosni Mubarak, a quello della giunta militare attualmente al potere. Si lotta, a Il Cairo, perché non c’è ancora una vera libertà di espressione, perché il blogger Alaa Abdel Fatah (un esempio tra i tanti possibili) è da tre settimane in carcere con l’accusa infondata di avere innescato la miccia sfociata nelle violenze di ottobre tra i coopti e l’esercito. Esige chiarezza, il popolo egiziano, in vista del voto che a giorni eleggerà il nuovo Parlamento. Ma le elezioni da sole non bastano. Serve un ulteriore sforzo, un passaggio di consegne che il popolo di Piazza Tahrir invoca da mesi. In Italia, con tutti i ritardi strutturali che quotidianamente ci sforziamo di ricordare, non abbiamo vissuto una regressione simile. Sembrerà retorica, ma a volte è il caso di osservare cosa accade a un tiro di schioppo per avere una più lucida percezione della realtà.
Sia beninteso, però: la democrazia è un bene da conquistare e da difendere giorno dopo giorno.

F. G.

 

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