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Concordia, Titanic e processi mediatici

Un sondaggio come tanti, su Tgcom24. Domanda: “Naufragio Costa, secondo te di chi è la colpa?”. Possibili risposte: 1) La compagnia 2) Il comandante 3) Altro. E viene da chiedersi cosa i lettori intenderebbero con un più generico “altro”, ma fermiamoci qui per il momento.
Mettiamola ai voti e decretiamo chi crocifiggere per quanto accaduto sabato mattina, sembra piuttosto suggerire l’iniziativa. Che a ben vedere non si discosta troppo da un televoto. Né da una morbosa attenzione capace di creare il caso nel caso, purché partecipino tutti. E purché si raggiunga l’obiettivo, che in fondo è sempre quello dell’audience. Tutti valenti operatori finanziari se un’agenzia internazionale decide di declassare i rating sovrani, tutti esperti di nautica se una nave affonda non molto distante dall’isola del Giglio a causa di una manovra, stando ai resoconti giornalistici, a dir poco azzardata.
Da alcune ore Corriere.it ha pubblicato l’audio della comunicazione tra il comandante della Costa Concordia Francesco Schettino e la Capitaneria di Porto. Il comandante Gregorio Maria De Falco impartisce ordini a Schettino: “Guardi Schettino che lei si è salvato forse dal mare ma io la porto… veramente molto male… le faccio passare un’anima di guai. Vada a bordo, cazzo!”. Per molti De Falco, a leggere i commenti degli utenti qua e là, è un eroe. De Falco, molto più semplicemente, è una persona che ha fatto il suo dovere. E che lo ha fatto bene.
Siamo evidentemente circondati da una tale sciatteria che ci meravigliamo di volta in volta di coloro che dimostrano capacità ordinarie (ma ai nostri occhi straordinarie). In verità è una storia che si ripete, di continuo. Avviene ogni giorno, nei cantieri e nelle fabbriche. Negli uffici e nelle scuole. Ma senza l’opportuno clamore mediatico neppure ci si accorge di certe realtà.
Poi subentrano le coincidenze su cui fantasticare. La Costa Concordia come cento anni fa il Titanic. Addirittura, racconta El Mundo, alcuni giorni fa la nave di proprietà della società statunitense Carnival aveva ospitato – udite, udite – un set fotografico organizzato da una rivista spagnola in occasione del centenario del più famoso naufragio. Dagli al fatalista.
In aggiunta ci sono le metafore, talvolta persino calzanti visti i tempi che corrono. Ne suggerisce una facile facile Beppe Grillo, sul suo blog: Carnival Italia, la nave che affonda (il Paese, nel nostro caso) e via via proseguendo.
Infine c’è la realtà. Mentre scriviamo il numero delle vittime è salito a undici e i sommozzatori sono ancora alla ricerca dei dispersi tra mille difficoltà. Altre vite sono state salvate nelle scorse ore. Ci sarà un processo che decreterà eventuali responsabilità e omissioni, si spera in tempi rapidi. Dei processi mediatici, al contrario, possiamo già immaginare che non sentiremo la mancanza.

F. G.

 

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