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Cosa insegnano le dimissioni di Christian Wulff

Chi sono questi tedeschi per farci la morale? Avete visto, no, il presidente della Repubblica? Quel Christian Wulff che si è dovuto dimettere perché ha usufruito di privilegi e di favori da parte di amici particolarmente facoltosi. E quando si è dimesso? Nella stessa settimana in cui era venuto a Roma a parlare con Napolitano, tra le altre cose, di corruzione. Sostenendo che in Germania di problemi così non ve ne sono, per giunta.
Riflessioni sacrosante. Qualcuno le ha sventolate in tv, altri le hanno scritte sui giornali. Bene, bravi, bis. Ora dimenticatele.
Non c’è nulla di più sbagliato che crogiolarsi delle disgrazie altrui. Ed è la storia a suggerirlo, anche se è tipico dell’essere umano compiacersi quando il capo riprende il collega, il professore il compagno di classe e via via discorrendo. Almeno una volta nella vita capita a chiunque, ma è sempre poco più che una magra consolazione.
Gli italiani sono senz’altro migliori di come vengono descritti e i tedeschi peggiori di come ce li immaginiamo talvolta. I greci hanno truccato qualche conticino pur di entrare a far parte del club eurozona e nel 2003 francesi e crucchi, insieme, forzarono il patto di stabilità decidendo per un allentamento del vincolo del 3% nel rapporto deficit-pil al termine di un ciclo economico non particolarmente favorevole. L’Europa, oggi (guarda caso con i tedeschi in testa), pretende che la Grecia rispetti determinati vincoli se vuole usufruire degli aiuti e scongiurare il default.
Non esiste il modello migliore, esistono semmai modelli più equilibrati. Ed è a quelli che bisogna ambire. Non si tratta né di buttarsi fango addosso né di ostentare una presunta superiorità.
I panni sporchi si lavano in casa propria. Al vicino, al massimo, si può rubare con gli occhi. Un suo errore non deve essere motivo di rivalsa, ma un pungolo a fare sempre meglio. In questo modo il Vecchio Continente sarebbe più unito di quanto non appaia.

F. G.

 

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