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L’Articolo 18 vale 200 punti di spread? In Spagna appena sei

di Francesca Fazio ed Emmanuele Massagli

«La prossima discesa passa, secondo il governo Monti, da un intervento netto e chiaro sul mercato del lavoro compreso l’articolo 18, perché questo può dare il segno della discontinuità e può “regalarci” – stando alle stime dei tecnici al tavolo del lavoro – altri duecento punti di affidabilità, quasi tornando alla situazione pre crisi». Così Roberto Mania su Repubblica la scorsa settimana.
La riforma del mercato del lavoro italiano e, in particolare, l’eventuale cancellazione dell’articolo 18, rappresenta sicuramente un cambiamento importante, in grado di condizionare i mercati; tuttavia, attribuire la discesa di 200 punti base dello spread all’intervento sull’articolo 18 pare eccessivo.
Prima di noi, “il segno della discontinuità” è stato impresso con forza dalla recente riforma del lavoro spagnola ad opera di Rajoy, ma l’effetto sull’andamento dello spread non è nemmeno lontanamente vicino ai 200 punti.
Eppure quello spagnolo è stato un intervento incisivo e particolarmente “aggressivo”, come ha ammesso il Ministro dell’Economia De Guindos. Un intervento avvenuto in un contesto simile a quello italiano in termini di rigidità e dualismo nel mercato del lavoro.
Anche la riforma spagnola segna, in effetti, un “prima” e un “dopo” nel mercato del lavoro del Paese, come affermato dal Ministro del Lavoro Fátima Báñez (cfr. Bollettino Speciale Adapt n.4/2012, Spagna: al via la riforma del mercato del lavoro, curato da Lavinia Serrani). Inoltre, anche la Spagna ha visto aumentare, sebbene meno che in Italia, il differenziale di rendimento tra i propri titoli decennali a 10 anni e quelli tedeschi. E’ quindi interessante utilizzare la Spagna come banco di prova e verificare la reazione sul mercato finanziario all’indomani dell’approvazione della riforma.
La reazione immediata dei mercati alla riforma del lavoro spagnola appare tiepida e, lungi dal “regalare duecento punti di affidabilità”, riconsegna, all’indomani dell’approvazione, 6 (sei!) miseri punti e, ad oggi, non si è assistito a ulteriori diminuzioni degne di nota.
Sicuramente i mercati finanziari guardano oggi alla Spagna con minore preoccupazione rispetto a novembre dello scorso anno, quando, nei giorni delle elezioni spagnole, lo spread con i titoli decennali tedeschi aveva superato i 450 punti base. L’esito delle elezioni si era poi accompagnato alla percezione di maggiore sicurezza e, quindi, al repentino abbassamento del differenziale che, dopo tre mesi è inferiore di oltre 100 punti, ma pur sempre superiore rispetto al primo semestre del 2011.
Cosa faccia dunque prevedere con tale sicurezza il crollo dello spread italiano-tedesco connesso all’abolizione dell’articolo 18 non è chiaro e nemmeno plausibile nell’entità annunciata.

Il superamento dell’articolo 18 probabilmente determinerebbe un abbassamento nel breve periodo dello spread, comunque già in discesa, poiché i mercati ben accoglierebbero una riforma che, di fatto, è da loro stessi chiesta all’Italia, oltre che dall’Europa. Più in profondità, però, ciò che sarebbe positivamente valutato dal mercato sarebbe innanzitutto la forza politica del Governo, capace di
concludere una riforma mai chiusa in precedenza (se ne parla ormai da oltre dieci anni!). Nel medio-lungo termine il differenziale Btp/Bund può essere garantito non tanto da una riforma singola, pur importante, quanto dall’equilibrio macroeconomico del Paese, del quale il mercato del lavoro è un ingrediente primario, ma non unico.
In ogni caso, come suggerisce l’esempio spagnolo, attribuire all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori 200 punti di spread è chiedere troppo.
Chi spaccia il superamento dell’articolo 18 come la medicina contro tutti i mali economici mente sapendo di mentire e anche gli indicatori di borsa chiaramente dimostrano la ben più vasta complessità di questo momento italiano ed europeo.
Al di là dei mercati finanziari, l’economia reale impone la maggiore valorizzazione del lavoro e del capitale umano giovanili per ristabilire un percorso di crescita e inclusione.
Le similitudini fra Spagna e Italia continuano su questo fronte. In Spagna il tasso di disoccupazione giovanile è al 48%, in Italia 20 punti percentuali inferiore (28%), ma pur sempre molto preoccupante, soprattutto con riferimento alla disoccupazione relativa: il tasso di disoccupazione giovanile italiano è triplo rispetto a quello adulto. E’ quindi comprensibile che il focus delle riforme del lavoro nei due Paesi graviti attorno alla questione giovanile. La risposta spagnola è andata nella direzione di diminuire la disparità fra giovani e adulti nel mercato del lavoro, riducendo il costo del
licenziamento; quella italiana farà probabilmente lo stesso, assieme all’introduzione di un contratto unico. L’esperienza tedesca, però, è quella che più di tutte indica la via per la maggiore uguaglianza fra giovani e adulti nel lavoro: la Germania è, infatti, l’unico paese ad avere tassi di disoccupazione giovanile e adulta quasi uguali (rispettivamente l’8% e il 7%). Vale allora la pena, come sottolineato sul Corriere della Sera anche da Alesina e Giavazzi, investire sull’apprendistato a patto che (come in Germania) sia realmente formativo e non volto ad ottenere forza lavoro a basso costo (come invece accade in Italia).

Francesca Fazio
Adapt research fellow

Emmanuele Massagli
Vice Presidente Adapt

Per gentile concessione di Adapt – Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni Industriali (www.adapt.it).

 

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