Elezioni in Francia. Bersani studia l’Hollandese
Il centrosinistra vince in Francia e il Partito democratico gioisce in Italia. Le due frasi, lette in tale successione, sembrerebbero sconnesse, visto che dalle parti di Largo del Nazareno c’è poco da festeggiare: l’incremento dell’astensionismo alle Amministrative è un segnale molto brutto. Eppure una logica c’è: il successo di François Hollande ha riportato al governo i socialisti in uno dei principali Paesi europei dopo il lungo interregno dei conservatori. Un evento non proprio di secondo piano. Oltre che essere un buon auspicio, il risultato è maturato in una fase storica cruciale per l’Unione europea: in campo ci sono due visioni contrapposte che possono imprimere un passo profondamente diverso al progetto unitario. In tal senso rientrano anche le elezioni in Germania e in Italia in calendario nel prossimo anno: la Spd tedesca e il Pd italiano potrebbero sommarsi alla vittoria socialista e coltivare l’ambizione di invertire la rotta a Bruxelles.
Bersani l’Hollandese. Pier Luigi Bersani vede in Hollande un modello da importare: è molto facile annotare le numerose assonanze tra il segretario democratico il nuovo presidente francese, a partire dall’immagine non proprio seducente “da uomo che non deve chiedere mai”, la cifra stilistica di Berlusconi e Sarkozy. Proprio la semplicità del candidato socialista è stata l’arma vincente contro il rivale bling bling, il luccicante presidente uscente. Il leader del Pd deve trarre preziosi insegnamenti dall’amico francese, facendosi illustrare le strategie comunicative per emulare il successo del “compagno” d’Oltralpe. Per Bersani è insomma necessaria una lezione di “Hollandese”. Uno studio che può risultare funzionale al recupero di consensi del suo partito. Magari cercando di porsi come unico leader credibile alle prossime Politiche.