“Saper fare dei mestieri è importante” (e non solo quello) | T-Mag | il magazine di Tecnè

“Saper fare dei mestieri è importante” (e non solo quello)

“Non è detto che tutti debbano avere una laurea magari prendendola malavoglia e utilizzandola anche peggio per la sua scarsa spendibilità sul mercato. Invece saper fare dei mestieri oggi è importante”. In un altro momento, per lo più qualche mese fa quando ci si apprestava a discutere della riforma del mercato del lavoro (l’infelice, nei termini, battuta di Michel Martone fu emblematica in questo senso), le parole del ministro Elsa Fornero – pronunciate lunedì a Torino visitando un centro di formazione professionale – sarebbero valse polemiche e fiumi di inchiostro sui giornali. La frase, stavolta, sembra essere passata in sordina, ma pone in ogni caso l’accento sulle condizioni sociali e occupazionali di tanti giovani alle prese con le difficoltà del momento, come abbiamo raccontato spesso sul nostro giornale.
La disoccupazione dei laureati triennali è aumentata dal 16% del 2009 al 19% del 2010. Anche la disoccupazione dei laureati con specialistica è cresciuta, passando dal 18% al 20%. Per gli specialistici a ciclo unico, come per esempio i laureati in medicina, architettura, veterinaria e giurisprudenza, la disoccupazione è incrementata dal 16,5% al 19%.
C’è da osservare tuttavia che per quanto il ministro non dica nulla di così astruso, la mobilità sociale assoluta delle figlie e dei figli rispetto ai genitori risulta “alta” per i cambiamenti strutturali dell’economia degli ultimi decenni, mentre ad essere bassa è la fluidità sociale. In sostanza: la classe sociale dei genitori continua a condizionare fortemente il destino dei figli.
“Confrontando i giovani delle generazioni entrati nel mondo del lavoro entro i 25 anni – spiega l’Istat nel rapporto annuale 2012 –, le opportunità di miglioramento della propria condizione sociale rispetto ai padri sono cresciute fino alle generazioni degli anni ‘50, si sono ridotte per le generazioni successive e i rischi di peggiorare sono aumentati. La probabilità dei figli della borghesia di permanere nella loro classe di origine è maggiore della probabilità di accesso da parte dei figli provenienti dalle altre classi. Sono molto rari gli spostamenti tra classi sociali se distanti. Solo l’8,5 per cento di chi ha un padre operaio riesce ad accedere a professioni apicali, quali dirigente, imprenditore o libero professionista”.
Ciò avviene anche nel periodo di formazione, soprattutto se di tipo accademico. “La classe sociale dei genitori – rileva l’Istat – continua a influenzare i percorsi formativi dei figli. Per l’università la selezione avviene già all’ingresso: della generazione nata negli anni ‘80, si è iscritto all’università il 61,9 per cento dei figli delle classi agiate, contro il 20,3 dei figli di operai. Per quanto riguarda le scuole superiori, sono ormai minime le differenze fra le classi sociali nei tassi di iscrizione, mentre il tasso di abbandono è molto più alto per gli studenti delle classi meno agiate (30 per cento dei figli di operai nati negli anni ‘80, contro il 6,7 per cento dei figli di dirigenti, imprenditori, liberi professionisti)”.
A tale proposito (come già in principio era nei piani del governo) si rende maggiormente necessario sviluppare l’apprendistato quale punto di raccordo tra la formazione e il mondo del lavoro. Il decreto legislativo 167/2011 disciplina tre ipotesi: l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale per gli under 25 (con la possibilità di conseguire un titolo di studio in ambiente di lavoro); l’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere per i giovani tra i 18 e i 29 anni; l’apprendistato di alta formazione e ricerca per conseguire titoli di studio specialistici, universitari e post-universitari. Saper fare dei mestieri, come suggerisce Fornero, è sì importante. Ma lo è anche avere la possibilità di avanzare nel percorso lavorativo, come carriera e sviluppo umano, invertendo quel trend secondo cui, fatte le dovute eccezioni, il figlio di un operaio non riuscirà a migliorare la posizione del padre.

 

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