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Il lusso non è più così esclusivo (ma ricchi è meglio)

di Azzurra del Mastro

Il momento di recessione economica sembra non coinvolgere il mercato dei beni di lusso, sia nel settore italiano che in quello internazionale, che continua a crescere con nuove tendenze. Il lusso ormai deve rispondere a valori etici che diventano imprescindibili per la comunicazione con il consumatore. La maggiore attenzione al rispetto dell’ambiente, alla qualità del prodotto, alla produzione Made in Italy, caratterizzato da un’etica che diventa un valore aggiunto.
Il lusso è la rappresentazione esteriore della propria unicità, poche persone possono permettersi un certo livello di vita, che non riguarda solo i beni materiali ma anche quelli che interessano la sfera dell’esperienza, come viaggi in luoghi dove tutto diventa sinonimo di agiatezza. Questo rende la persona maggiormente sicura di sé, la consapevolezza di appartenere ad una classe sociale superiore, di condurre uno stile di vita di fatto riservato a pochi eletti, non può che far crescere la nostra autostima. Questo sentimento è poco criticabile perché umano, come se il nostro “benessere” dipendesse proprio esclusivamente da noi. Sicuramente qualcuno potrebbe controbattere che chi conduce questa vita è perché evidentemente è stato capace di guadagnarsela. Non è sempre così. Non partiamo tutti dagli stessi punti di partenza, c’è chi quella vita l’ha potuta fare da sempre. In ogni caso questo scenario oggi è mutato. I beni di lusso non sono più riservati ad una stretta cerchia di benestanti. Grazie alla produzione su larga scala anche le “altre” categorie sociali possono accedere a questo mercato, rischiando di far perdere a questi prodotti il loro carattere di privilegio.
La tecnologia ha di certo favorito l’apertura del settore, le vendite online, i social network rendono tutto facilmente raggiungibile, facendo perdere quella caratteristica materiale che li contraddistingue e li rende visibili all’esterno.
La distribuzione ad ampio raggio ha, quindi, cambiato lo stesso significato di lusso, che non è più riconducibile ad oggetti costosi che conferiscono uno status privilegiato a chi li sfoggia, ma è invece, sinonimo di ricchezza intesa come qualità della vita, con un contenuto che assume valore, soprattutto se è legato al territorio come può essere il Made in Italy.
Anche questa nuova accezione del lusso non cambia comunque la sostanza. I ricchi non sono intaccati dalla crisi e continuano a godere del proprio status. Secondo l’indagine della banca d’affari Merril Lynche e la società di consulenza Capgemini la ricchezza delle persone abbienti ha raggiunto circa i 39 mila miliardi di dollari, con una crescita annua del 18,9%. Il trio Usa-Giapone-Germania domina la classifica mondiale dei super ricchi, mentre l’Italia, nel 2009, è collocata al nono posto. Una novità importante è rappresentata dal sorpasso del Brasile, che si aggiudica il decimo posto, da parte dell’Australia. Secondo la ricerca, i milionari sono diventati dei veri e propri investitori collezionisti di beni di lusso, con preferenze diverse, che vanno dagli yacht alle auto di lusso, gioielli, opere d’arte e pietre preziose.
Il mercato del lusso, dunque, continua a crescere. Nel 2011 la stima Altagamma-Bain registrano una crescita globale di questo settore dell’8% (a tassi di cambio costanti) da 172 a 185 miliardi di euro. In particolare la Cina ha raddoppiato il consumo di questi prodotti, passando da 4,5 a 9,2 miliardi di dollari. I ricavi del settore nel 2010 crescono del 12% rispetto al 2009, con un andamento decisamente positivo. La domanda di questi beni è sicuramente rigida, visto che non risente assolutamente della crisi globale. L’area europea e le Americhe sono le zone dove maggiormente si concentra la crescita del fatturatio registrato nel 2010, anche se i paesi asiatici sembrano rappresentare la nuova area del fututo, visto la crescita esponenziale rilevata in Cina.
Queste cifre non ci devono stupire più del dovuto. Chi raggiunge questi livelli di ricchezza non sarà di certo vittima di una recessione economica che colpisce il lavoro, i consumi (anche di prima necessitò), la produzione industriale. Chi era benestante prima, lo sarà anche adesso.

 

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