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Riforme costituzionali: ecco cosa cambia con il taglio dei deputati

di Antonio Caputo

Dopo il “rischio rinvio” della scorsa settimana, finalmente il Senato ha approvato, con la quasi unanimità dei voti, l’articolo 1 del disegno di legge costituzionale, che prevede la riduzione dei deputati (quella dei senatori riguarda un altro articolo che a breve andrà in votazione), modificando l’articolo 56 della Costituzione.
In questi casi I tempi sono importanti: per la revisione costituzionale è necessaria una doppia lettura per ciascuna Camera e la seconda deve avvenire almeno a maggioranza assoluta (ma dei due terzi se si vuole evitare il referendum popolare confermativo) e a distanza di non meno di tre mesi dalla prima.
I voti favorevoli sono stati 212, i contrari 11 (radicali, e qualche esponente a titolo personale, come Baldassarri, di Futuro e Libertà). Gli astenuti sono stati 27: i rappresentanti leghisti, che non si sono accontentati del taglio previsto nella proposta di riforma, ma che avrebbero voluto il dimezzamento.
La riduzione prevista da questa proposta di riforma è pari al 20% circa dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: la Camera scenderebbe da 630 a 508 deputati mentre il Senato da 315 a 254 (elettivi; restano a parte quelli a vita). Cura dimagrante anche per i parlamentari eletti all’estero, che scenderebbero da 12 a otto deputati e da sei a quattro senatori (in entrambi i casi, un terzo in meno rispetto alla consistenza attuale). Prevista inoltre anche la riduzione dell’età per essere eletti: per i deputati scende, dagli attuali 25, a 21 anni; per i senatori passerà da 40 a 35 anni.
Cambia anche la previsione che assegna un numero minimo di senatori (sette) a ciascuna Regione: scenderà a cinque, con il mantenimento però del comma che ne prevede due per il Molise, ed uno per la Valle d’Aosta.
Regge, dunque, l’intesa scaturita dal vertice Alfano, Bersani, Casini, dei primi di marzo. Se dovesse andare in porto tutto il lungo iter della riforma, cambieranno anche l’iter legislativo, semplificato dal superamento del bicameralismo perfetto (oggi Camera e Senato svolgono identiche funzioni). Non sarà più necessario, ma soltanto eventuale, infatti, il voto di entrambe le Camere sulle proposte: in ogni caso, per sveltire le procedure di approvazione delle leggi, il presidente del Consiglio potrà richiedere il voto a data fissa (per i soli provvedimenti di provenienza governativa, ovviamente) in modo da poter avere una data certa nella quale la proposta verrà approvata o respinta.
Verranno poi introdotti elementi di federalismo, con la previsione di una Commissione per il parere obbligatorio sulle leggi relative alle Regioni, al Senato, che darebbe così a Palazzo Madama il ruolo di Camera delle Autonomie. Le competenze tra le due Camere ripartite a seconda delle materie, con il Senato che si vedrebbe attribuite quelle previste dall’articolo 117 della Costituzione.
A seconda della materia e, dunque, della competenza attribuita, ciascuna Camera avrà, nelle materie di propria competenza, l’ultima parola. La sola Camera dei deputati attribuirà la fiducia al premier.
Previsto un rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio, che avrà potere di nomina e revoca dei ministri. La fiducia sarà accordata, a maggioranza semplice, soltanto al primo ministro (sullo schema di quanto avviene in Spagna) e non più all’intero governo, mentre, per la sfiducia ci saranno dei limiti: essa potrà essere solo “costruttiva”, ossia con l’indicazione di un nuovo premier e di una maggioranza a suo sostegno, e dovrà esser votata a maggioranza assoluta dalla Camera dei deputati.
Il premier, tranne ovviamente in caso di sfiducia costruttiva, potrà chiedere lo scioglimento della Camera al presidente della Repubblica, come avviene nei principali Paesi a sistema parlamentare (Inghilterra, Spagna, Germania).
Il percorso della riforma costituzionale muove, dunque, i suoi primi passi: si attende il via libera del Senato entro fine mese, col dibattito che poi si sposterà alla Camera, da dove dovrebbe avere l’ok immediatamente prima (o subito dopo) la pausa estiva.

 

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