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Il ritorno in campo del Cavaliere

di Antonio Caputo

Da qualche giorno, ormai non si parla d’altro: dopo la “ritirata strategica” di novembre, Silvio Berlusconi ha annunciato (o meglio: non è stato lui personalmente, ma il partito ad annunciarlo) la sua “ridiscesa in campo”, a diciotto anni e mezzi dalla prima memorabile volta in cui si presentò con un video messaggio trasmesso dalle Reti Fininvest (così Mediaset si chiamava allora).
E ora? Tra l’entusiasmo dei suoi, l’ironia di ex alleati e avversari, le perplessità di ambienti anche non certo ostili al centrodestra (come si legge dagli interessanti editoriali del direttore del Tempo, Mario Sechi), e l’ostilità dei mercati e delle cancellerie internazionali, si prepara il ritorno in campo di un personaggio che, nel bene e nel male, ha segnato da protagonista quasi un ventennio di storia italiana, sia nei nove anni in cui ha guidato il governo, sia negli otto anni e mezzo di opposizione, dividendo, come mai era capitato prima, il Paese in un referendum tra favorevoli e contrari, non ad un progetto, ad un partito, o ad un sistema di valori, ma ad una persona, il Cavaliere appunto.
Il fatto che nessuno nella storia del Paese abbia creato, come l’ex premier, così forti contrapposizioni su di sé, risulta evidente dai dati di un recente sondaggio di IPR Marketing e relativo al giudizio dato dall’elettorato sul Cavaliere: il 93% degli elettori del Pdl e l’86% di quello della Lega dà un giudizio positivo sull’operato del governo Berlusconi; il 99% degli elettori di Pd e Idv ne dà, invece, un giudizio negativo, accompagnato dal 97% dell’elettorato dell’Udc che pensa la stessa cosa.
Le ragioni del ritorno di Berlusconi sono, ad un tempo, evidenti, ma anche non del tutto note. Una ragione evidente proviene dai sondaggi: ad ottobre scorso, col Cav. ancora a Palazzo Chigi, già impopolare, e pur nell’isolamento internazionale, il Pdl viaggiava nei sondaggi attorno al 26%; ora la media delle rilevazioni dà il partito guidato da Angelino Alfano ad una percentuale attorno al 19%.
A proposito degli aspetti non evidenti, potrebbe risultare condivisibile nella sostanza, quanto scritto su queste colonne sul fatto che il reale obiettivo di Berlusconi sia non tanto Palazzo Chigi ma il Quirinale. Potrebbe essere, il suo ritorno, la mossa che riporta su i sondaggi del Pdl, e di conseguenza, con un partito in crescita, Berlusconi potrebbe ancora dare le carte, giocando un ruolo importante nelle prossima legislatura, quando, appunto, si dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica.
Vi è però un rischio, per il Pdl e per Berlusconi stesso: il Cav. potrebbe condannare il Pdl alla marginalità e all’opposizione; mettiamo anche siano realistici i sondaggi che vedrebbero il Pdl al 28-30%, con una candidatura a premier di Berlusconi, ma dopo? Quel dato rischia di non esser politicamente spendibile, perché, col Cav. candidato, l’Udc e quel che resta del Terzo Polo andrebbero a sinistra, cosa che chiuderebbe definitivamente la partita.
Diverso sarebbe, al contrario, lo scenario con un partito guidato da Alfano, su una linea “montiana”, che, invece, rimetterebbe pienamente in gioco il Pdl, che non potrebbe, è vero, esprimere la premiership, e di certo sarebbe elettoralmente più debole, ma che tornerebbe determinante per continuare, col sostegno ad un nuovo governo sulla scia di quello guidato da Monti anche nella prossima legislatura, il “percorso di guerra” intrapreso dall’Italia.
A diciotto anni dal suo ingresso in politica cosa ha ancora da dire il Cavaliere all’Italia? La promessa “rivoluzione liberale” non è stata realizzata, per colpe, va detto, non soltanto sue, ma anche sue: le grane giudiziarie piovutegli addosso, la riottosità (spesso anche inaffidabilità) degli alleati (ma il Pd, allora, avrebbe ben più diritto di lamentarsi!), il ruolo ingombrante di un ministro dell’Economia come Tremonti, e l’essersi trovato a governare in periodi assai difficili, costituiscono tutte attenuanti, e pure di un certo livello; ma lui era pur sempre il leader indiscusso del centrodestra ed è stato a Palazzo Chigi nove anni, più di chiunque altro nella storia della Repubblica: qualcosa di più sarebbe stato lecito attendersi dai suoi governi.
Il momento attuale per il centrodestra e per Berlusconi è durissimo; anche altri momenti per l’ex premier erano stati assai difficili, come dopo la sconfitta contro Prodi del 1996, o dopo la batosta alle regionali nel 2005; ma in ogni occasione si era sempre rialzato, tornando al successo. Stavolta sarà ancor più difficile, per la semplice ragione di esser rimasto isolato, sia sul piano internazionale, sia su quello interno: dalle sconfitte avute tra il 1995 e il 1998 si è rialzato riconquistando l’alleanza con la Lega e tessendo la tela europea con l’ingresso nel Ppe nel 1999; da quella del 2005, si riprese con una campagna elettorale (quella del 2006) quasi perfetta; ma in tutte le occasioni aveva al suo fianco Fini e Casini, ed il partito compatto dietro di sé, mentre ora non più; l’intero mondo attorno a lui è cambiato, nel contesto internazionale (politico, e soprattutto economico-finanziario) come in quello interno (l’Italia avvolta dalla drammatica crisi di questi anni del ’94 non è più quella alla quale Berlusconi si rivolgeva col videomessaggio della discesa in campo), mentre persino il fidatissimo Emilio Fede non è più direttore del TG4; ma con Berlusconi non si può mai dare nulla per scontato. Riuscirà il Cav. in quella che si preannuncia come la sua più disperata impresa?

 

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