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Come funziona la psicoterapia online?

di Fabio Germani

Magari non è particolarmente indicata ai soggetti che soffrono gravi patologie, ma di certo può essere d’aiuto per tutti gli altri. La psicoterapia online – una pratica sì diffusa, ma non ancora consolidata – è ad esempio consigliabile alle persone che stanno vivendo momenti d’ansia, segno inequivocabile di un disagio, bisognose di consigli e consulenze per superare le difficoltà quotidiane nonostante il tempo da dedicare a se stessi sia troppo esiguo.
Un recente studio della Fondazione Ahref per conto dell’associazione uma.na.mente presieduta da Giuliano Castigliego (già collaboratore di T-Mag), dimostra come la psicoterapia online sia un metodo molto utilizzato negli Stati Uniti (la maggior parte dei siti che si occupano del tema, il 51% di quelli analizzati, provengono da oltreoceano). A seguire, il Paese più attratto dalla psicoterapia via web – udite, udite – è l’Italia (22%) mentre sul gradino più basso del podio si colloca il Regno Unito (9%). Precisiamo subito, però, a scanso di equivoci: in Italia la psicoterapia online vera e propria non è consentita, al massimo si può ricorrere ad alcune forme di consulenza. E soprattutto la distinzione consiste nella massiccia presenza di blog e siti di professionisti nel nostro Paese, al contrario di Stati Uniti e Gran Bretagna che al riguardo già presentano portali governativi e di associazioni di categoria.
Dalla ricerca di Ahref, inoltre, emerge che il 35% degli utenti si affida ad un servizio di telefonia, Skype in genere. In questo caso, si legge sul sito della Fondazione, “i siti che offrono questa tipologia di servizi presentano una sezione dedicata alla spiegazione delle modalità di pagamento: talvolta il pagamento è calcolato sulla base dei minuti di sessione offerti, in altri casi invece, le sedute Skype sono standardizzate nei tempi e nei costi”.
Altrimenti ci si può affidare agli specialisti tramite online-chat therapy (26% dei casi) ed e-mail therapy (21%). Non godono di grande considerazione i blog e i forum, che rappresentano appena il 10% del campione. La ragione è presto spiegata: piattaforme asettiche non assicurano un rapporto diretto, e quindi privilegiato, tra dottore e paziente, anche se ciò non vuol dire che all’interno di un blog non siano racchiuse le informazioni di cui necessitavamo. C’è infine una “quarta via”, l’avatar therapy, che si sviluppa in Second Life tra un avatar paziente ed un avatar psicoterapeuta. Quest’ultima fattispecie comprende l’8% dei casi presi a modello.
Ora, la domanda è: vale la pena sottoporsi ad un tipo di cure certamente più innovativo i cui effetti sono tuttavia ancora al vaglio della comunità scientifica? E, per dirla con Giuliano Castigliego, se la talking cure freudiana lasciava ampio spazio all’inconscio, quanto ne può lasciare la writing cure della terapia per mail, inevitabilmente molto più conscia? Prova a rispondere il presidente di uma.na.mente: “Proprio il fatto che il target principale, almeno attualmente, della psicoterapia online siano i disturbi d’ansia può d’altro canto prestarsi ad un’altra interpretazione, che ci riporta alla lezione di Freud. L’ansia, secondo il padre della psicanalisi, è un segnale, espressione visibile di un disagio invisibile più profondo. Vi sono buoni motivi per pensare che anche l’ansia di cui comincia ad occuparsi la psicoterapia online sia pure un segno di disagio, magari duplice. Quello di tante persone che travolte dall’accelerazione della società attuale, in cui anche i tempi di camminata sui marciapiedi, come nota Zoja, sono divenuti più veloci, si rivolgono alla terapia più rapida ed anonima per mettere a tacere il prima possibile i sintomi del disagio. Ma anche il disagio di noi terapeuti – scrive ancora Castigliego sul sito di uma.na.mente –, che disorientati dal progressivo assottigliamento delle forme terapeutiche tradizionali, divenute anche loro, come tutto il resto, baumannianamente, liquide, ci troviamo a doverne inventare di nuove. Nel perenne conflitto tra adattamento alla nuova più democratica, ramificata, velocizzata, partecipata e condivisa temperie sociale e culturale da un lato e salvataggio dall’altro di quella profondità di relazione con se stesso e con l’altro fuori e dentro di noi, che in particolare la psicanalisi ci ha insegnato e tramandato”.
Al fine di evidenziare quali margini di sviluppo abbia la relazione terapeutica online, uma.na.mente, in collaborazione con il civic media Timu della Fondazione Ahref, ha lanciato un’inchiesta volta a raccogliere i racconti di quanti hanno avuto a che fare con esperienze di questo tipo.

 

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