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L’uso delle armi da fuoco negli Stati Uniti

La strage di venerdì in Connecticut riapre l’annosa questione che ruota attorno al dibattito sull’uso delle armi negli Stati Uniti. Il tema è stato riproposto durante la campagna elettorale che ha visto contrapposti Barack Obama e Mitt Romney, soprattutto quando a chiedere una posizione netta al riguardo è stato il sindaco di New York, Michael Bloomberg. In verità il dibattito è più complesso di quanto si possa immaginare.
Come spiegava su queste pagine Antonio Caputo ai tempi del caso Trayvon Martin sono due i temi giuridico–politici che si intrecciano: il diritto alla legittima difesa e quello, sancito in Costituzione, di portare armi. Sulla legittima difesa, tanto per fare un esempio esempio, in Florida e in altri venti Stati, la legislazione permette con estrema facilità di sparare, anche se non vi sia stata in concreto nessuna minaccia: basta il sospetto di essere minacciati per poter impugnare le armi e far fuoco.
Dopo l’uccisione di venti bambini nella scuola di Newton e le lacrime di Obama è lecito pensare che qualcosa, a piccoli passi, possa mutare nell’ordinamento statunitense. È stato lo stesso presidente ad auspicare, infatti, un cambiamento: “Questa è la quarta volta da quando sono stato eletto presidente che ci raccogliamo nel dolore per la perdita di nostri cari che sono stati vittime di atti di violenza e non possiamo più tollerarlo. Questa tragedia deve finire e per farla finire dobbiamo cambiare. Siamo davvero impotenti di fronte a tragedie come questa? Dev’essere questo il prezzo della nostra libertà?”.
Il diritto di portare armi, tuttavia, è proprio la Costituzione, a garantirlo. È scritto nel famoso “secondo emendamento”. Nei singoli Stati vi sono forti differenze nelle leggi che disciplinano la materia. In Illinois, ad esempio, è vietato portare armi nascoste: è l’unico Stato che lo prevede e non è forse un caso, dato che la principale area metropolitana di Chicago è una tra le più violente del Paese. Illinois a parte, le maggiori differenziazioni tra gli Stati sono sulle modalità di rilascio della licenza del porto d’armi, con alcuni, come New York, California, Massachusetts, che prevedono limiti piuttosto stringenti ed altri (Florida, ma anche Kansas, Utah, Texas), dove è molto più semplice poter comprare armi.
Spiegava all’epoca sempre Antonio Caputo: “Il tema è controverso: la maggioranza dei cittadini americani è gelosa del diritto sancito nel secondo emendamento e non è disposta a rinunciarvi. Sul punto si possono vincere o perdere le elezioni: ne sa qualcosa Bill Clinton, che, approdato alla Casa Bianca a seguito delle presidenziali del 1992, e potendo contare su un Congresso a maggioranza democratica, a causa principalmente di due questioni, la riforma sanitaria e la messa al bando dei fucili da caccia, (gli anni passano, i temi restano) subì una sconfitta pesantissima alle elezioni di mid term del 1994, con la perdita della maggioranza per i Democratici in entrambi i rami del Parlamento”. Un rischio che, a seguito dell’ennesima strage, Obama (forte del secondo mandato e non più in cerca di conferme) potrebbe anche essere disposto a correre.

 

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