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I politici in rete? Dilettanti allo sbaraglio

di Astrid N. Maragò

Internet è sinonimo di velocità e immediatezza, e si può certo definire come un simbolo del divenire. Tutto scorre in rete con straordinaria rapidità, le mutazioni e le espressioni si susseguono di continuo. Eppure qualcosa di lento c’è. E a cosa si può dovere un tale particolare e contraddittorio primato, se non alla politica?

Nell’universo parallelo dei social network, Walter Veltroni è ancora sindaco di Roma e Piero Marrazzo è tuttora presidente della Regione Lazio. Navigando attraverso i profili Facebook e gli account su Twitter dei politici, non è infatti difficile trovarne molti – magari con migliaia di iscritti o cosiddetti “fan” – abbandonati a sé stessi in coincidenza con il termine dei periodi di campagna elettorale e lasciati poi a marcire in rete obsoleti. Evidentemente i politici italiani non sembrano aver compreso appieno le straordinarie opportunità che offrono questi strumenti. E più in particolare non sembrano aver capito che la rete può render loro sì dei benefici, ma solo a patto che venga utilizzata correttamente. Eppure tra gli addetti ai lavori è ormai pacifico che politici, candidati e aspiranti tali non possono più rinunciare all’esigenza di avere una “seconda vita” sul web che possa fungere da filo diretto con almeno una significativa porzione del proprio elettorato.

La comunicazione politica e quella istituzionale esige oggi che siano seppelliti i vecchi siti statici, cosiddetti vetrina, e che siano invece aperte le porte ai nuovi social media implementando portali web 2.0 fondati sulla condivisione interattiva degli utenti. L’esigenza della politica di alimentare partecipazione e dibattito è insopprimibile ed è quindi chiaro che si debbano cogliere tutte le opportunità e stare il più possibile al passo coi tempi. E se è vero che un profilo pubblico per chi si propone di fare politica non costituisce più un valore aggiunto perché tutti ormai ce l’hanno, è anche vero che non possederne uno, adeguatamente curato e aggiornato in tempo reale di persona o dal proprio staff, può rappresentare un chiaro sintomo di diversità: ed è chiaro che tutto vogliono gli elettori dal loro ideale rappresentante, eccetto che questi sia diverso da loro.

Se n’è prontamente accorto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, che poche ore fa ha inaugurato il suo nuovo sito web corredato di agenda pubblica integrata con Google Maps, videoclip, e completamente imperniato sulla partecipazione attiva degli utenti, che possono intervenire postando commenti direttamente sul portale o condividere le notizie tramite i più diffusi social network.

E anche il sindaco di Bari Michele Emiliano, uno dei politici più attivi sul web, noto per essere sempre  disponibile a rispondere in prima persona ai commenti dei lettori sulla sua pagina Facebook – che vanta più di 23 mila iscritti e che recita “Cercate di non litigare sulla mia pagina” – ha messo il sito in manutenzione per aggiornamento.

Sull’onda della campagna elettorale di Obama nel 2008 per la corsa alla presidenza degli Stati Uniti, anche i politici italiani stanno tentando con i propri strumenti di adeguarsi a questo nuove forme di comunicazione. Però come in tutti i periodi di transizione regna il caos: si assiste a manifestazioni di sindrome da aggiornamento compulsivo, che in genere si devono a troppo solerti ma non abbastanza svegli collaboratori, e poi si trovano pagine spente, di politici modernissimi e innamorati della rete dei quali però l’ultima perla consegnata al web suona ancora così: “è il grande giorno, ricordatevi di votare per me”.

 

2 Commenti per “I politici in rete? Dilettanti allo sbaraglio”

  1. […] relazione complicata tra politica e web 2.0 ne avevo scritto qualche tempo fa su T-Mag. Oggi ne parlano Jaime D’Alessandro su Repubblica e Alessandro Gilioli su […]

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