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La grande fuga (dalle università)

Il Consiglio universitario nazionale lancia l’allarme: gli Atenei italiani vivono momenti di enorme difficoltà. Le voci contenute nella Dichiarazione per l’università e la ricerca, le emergenze del sistema, documento redatto proprio dal Cun, sono tutte negative.
Partiamo dal numero degli immatricolati che in dieci anni è sceso del 17% e più precisamente è passato dai 338.482, registrati nell’anno accademico 2003-2004 ai 280.144, rilevati nel 2011-2012, ovvero 58.000 studenti in meno. Il calo delle immatricolazioni, rileva il Cun, non coinvolge un territorio in particolare ma tutto il Paese.
A diminuire drasticamente non è solo il numero di chi decide di iscriversi ad un corso universitario, ma anche il numero dei docenti, che in soli sei anni (2006-2012) si è ridotto del 22%. Un calo destinato a proseguire, secondo le previsioni contenute nel documento, nei prossimi tre anni.
La riduzione del numero dei docenti è dovuto sostanzialmente alle limitazioni imposte agli atenei, che impediscono a quest’ultimi di assumere nuovi professori. E così la media italiana di 18,7 studenti per docente, media al di sotto di quella Ocse (15,5 studenti per professore) è destinata a diminuire ulteriormente.
Ma la media italiana è al di sotto di quella Ocse anche in un altro campo: quello dei laureati. Il nostro Paese occupa infatti la 34esima posizione su 36 nazioni. In Italia, infatti, solo il 19% dei 30-34enni ha una laurea, contro una media europea del 30%. Il 33,6 % degli iscritti, infine, è fuori corso mentre il 17,3% non fa esami.
Sono dati che preoccupano, ma la situazione diviene ancor più critica se si tiene conto che negli ultimi tre anni, il fondo nazionale per finanziare le borse di studio è stato ridotto. Nel 2009 i fondi nazionali coprivano l’84% degli studenti aventi diritto, nel 2011 il 75%.
Negli ultimi sei anni, sono stati eliminati 1.195 corsi di laurea. Solo quest’anno sono stati cancellati 84 corsi triennali e 28 corsi specialistici/magistrali. Bisogna sottolineare che secondo il Cun questa riduzione è stata inizialmente dovuta ad azioni di razionalizzazione, mentre ora dipende in larghissima misura alla pesante riduzione del personale docente.
Altro dato negativo: rispetto alla media dell’Unione europea, in Italia abbiamo 6.000 dottorandi in meno che si iscrivono ai corsi di dottorato. L’attuazione della riforma del dottorato di ricerca prevista dalla riforma Gelmini è ancora al palo e il 50% dei laureati segue i corsi di dottorato senza borsa di studio.
Il sistema universitario italiano vive momenti di grandi difficoltà e la situazione sembrerebbe destinata a non migliorare, almeno nel futuro recente. Infatti, niente lascia presagire un miglioramento vista anche la riduzione dei fondi destinati alle università: dal 2001 al 2009 il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), calcolato in termini reali aggiustati sull’inflazione, è rimasto quasi stabile, per poi scendere del 5% ogni anno, con un calo complessivo che per il 2013 si annuncia prossimo al 20%. Su queste basi e in assenza di un qualsiasi piano pluriennale di finanziamento moltissime università, a rischio di dissesto non possono programmare né didattica né ricerca.
Se da una parte si riducono i fondi è quasi inevitabile dall’altra che le strutture, attrezzature e laboratori già acquisiti non possano essere sostituiti, rischiando così di divenire obsoleti e inadatti alla ricerca moderna. Tutto questo perché a subire una riduzione sono stati anche i finanziamenti Prin, cioè i fondi destinati alla ricerca libera di base per le università e il Cnr: negli ultimi anni, rileva il Cun, si è passati da una media di 50 milioni all’anno ai 13 milioni per il 2012. Infatti dai 100 milioni assegnati nel 2008-2009 a progetti biennali si è passati a 170 milioni per il biennio 2010-2011 ma per progetti triennali, per giungere a meno di 40 milioni nel 2012, sempre per progetti triennali.

 

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