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Il Papa lascia, ma non lo “twitta”

di Fabio Germani

L’annuncio non è avvenuto tramite Twitter, come ultimamente ci eravamo abituati su altre questioni. L’annuncio è giunto nel più tradizionale dei modi, pur trattandosi di un’anomalia. Papa Benedetto XVI lascerà il pontificato il 28 febbraio alle 20. L’ultimo caso di pontefice dimissionario risale al 1415 (Gregorio XII) ed è una notizia che giunge inaspettata durante il Concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto, con Ratzinger che legge l’annuncio in latino. “Lascio per il bene della Chiesa”, è in sostanza il messaggio con cui Benedetto XVI si congeda dai fedeli. I motivi, in ogni caso, sono da ricercarsi nel peso dell’età e nei problemi di salute che da qualche tempo lo affliggono, sebbene il portavoce della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, ha smentito in conferenza stampa l’ipotesi di malattia.
Quello che sarebbe dovuto essere un Papa conservatore e di transizione, come fu etichettato nel 2005 ancor prima che iniziasse il suo ministero, ha mostrato in poche battute il suo lato più “umano”, che molto dovrebbe insegnare a ciascuno di noi, da tempo secolarizzati: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.

Lascia Benedetto XVI, lo ribadiamo, nel modo più “umano” possibile. Nessun complotto, come paventato dal Fatto Quotidiano all’inizio dell’anno scorso (per quanto resti quel minimo alone di mistero, tipico di ogni pontificato, attorno alla vicenda del “corvo” Paolo Gabriele).
A suo modo questa decisione, senz’altro sofferta, ci riconsegna una dimensione alla portata di tutti, al netto dell’ironia che immediatamente è rimbalzata sui social network. E ci ricorda, inoltre (cambiando decisamente prospettiva), che se fatto bene il ruolo del giornalismo è ancora ad oggi di primaria importanza. A battere per prima la notizia è stata l’agenzia Ansa e non un improvvisato “tuttologo” su Twitter.
Infine, il consiglio di giornata è: diffidare dai vaticanisti dell’ultima ora.

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