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Il presidente della Repubblica non scelto su Twitter

di Fabio Germani

twitterIn questi giorni si è molto discusso di come le interazioni online abbiano influenzato le scelte di molti parlamentari, soprattutto i più giovani avvezzi alle nuove tecnologie, sulla scelta del presidente della Repubblica. Il dibattito deriva, inevitabilmente, dalle quirinarie indette da Beppe Grillo e dal Movimento 5 Stelle. Democrazia diretta, democrazia liquida, chiamatela come volete. Il dato, eloquente, che emerge, offre spunti di riflessione diametralmente opposti.
Mentre scriviamo sono stati resi noti i risultati delle quirinarie del M5S tramite il blog di Grillo. I voti espressi sono stati 28.518. Così ripartiti: Gabanelli Milena Jole: 5.796; Strada Luigi detto Gino: 4.938; Rodotà Stefano: 4.677; Zagrebelsky Gustavo: 4.335; Imposimato Ferdinando: 2.476; Bonino Emma: 2.200; Caselli Gian Carlo: 1.761; Prodi Romano: 1.394; Fo Dario: 941.
Gli eventi che hanno condotto all’investitura ufficiale di Rodotà (dopo le rinunce di Gabanelli e Strada) non sembrano, numeri alla mano, forieri di una certificata volontà popolare. Le quirinarie, insomma, non sono state propriamente ciò che verrebbe definito altrimenti un successo, ma l’effetto domino è stato inevitabile. Sui social network il nome di Rodotà è stato tra i più gettonati durante le convulse giornate dedicate all’elezione del capo dello Stato così come il più urlato dai molti in attesa davanti Montecitorio. Anche qui urge un’ulteriore riflessione, che di poco si discosta dal risultato delle quirinarie. L’influenza (tralasciando le questioni politiche che hanno spinto in una direzione o nell’altra) dei social media sul voto del presidente della Repubblica è una componente dei processi decisionali difficile da circostanziare. Negarla in termini assoluti è fuorviante, prenderla per buona con la medesima superficialità di giudizio lo sarebbe altrettanto. Come nota Vincenzo Cosenza (tra i massimi esperti in Italia) su Europa, Twitter annovera in Italia quattro milioni di visitatori mensili, una quota che non può dirsi rappresentativa dell’intero Paese. In generale (dati Voices from the blogs) tra le preferenze espresse su Twitter dal 18 al 21 aprile al primo posto figura Emma Bonino con il 30,3% dei tweet, a seguire Rodotà (25,3%) e non molto distaccato Romano Prodi (24,3%).
“La politica – osservano da Carpemedia, associazione specializzata nell’ideazione di strategie di comunicazione incentrate sui canali digitali interpellata da T-Mag – ha deciso che è colpa dei social network se in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica, il banco del Partito democratico è saltato. I suoi parlamentari, a detta dei dirigenti, sono stati influenzati dalla rete nel determinare le sonore bocciature di Marini e di Prodi. Influenzati negativamente. Eppure la rete non è riuscita, al contrario, a far eleggere Emma Bonino e Stefano Rodotà, loro sì al centro di una forte mobilitazione mediatica. Pertanto un’influenza a senso unico che sa tanto di scaricabarile. Dove la politica non arriva più, la colpa è dei social network, della partecipazione e di questi cittadini moderni che non se ne stanno buoni e zitti a ‘lasciar far loro’. Del resto lo ha già chiesto Giuliano Ferrara: fare come in Cina, chiudere Twitter e Facebook. La politica e la gestione del bene comune è e deve essere ‘cosa loro’”.

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