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In condizione di povertà assoluta 723 mila minori

bambino povertàSono un milione e 822 mila i bambini in Italia che vivono in condizione di povertà relativa e 723 mila quelli in condizione di povertà assoluta: rispettivamente il 17,6% e il 7%. È quanto emerge dalla Relazione del Garante per l’infanzia sulla base dei dati Istat.
Guardando alla ripartizione territoriale risulta che il 10,9% dei minori cosiddetti poveri vive nel Mezzogiorno, il 4,7% al Centro e nel Nord d’Italia.
Altro dato rilevante è quello riguardante il rischio di povertà e di esclusione sociale, una percentuale questa che interessa il 70% dei minori del Sud contro la media nazionale che si attesta al 46,5%.
Secondo lo studio nel 45,5% dei casi i minori vivono in famiglie dove lavorano entrambi i genitori e il 12% vive invece in casa con un solo genitore.
Entrando più nel dettaglio della situazione risulta che sono 710 mila gli alunni di cittadinanza straniera iscritti nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado. E ancora: che un ragazzo su cinque consuma giornalmente frutta e verdura e uno su quattro ha un peso eccessivo e che sempre uno su quattro non pratica alcuna attività fisica.
Dato preoccupante e degno di nota è quello relativo alla diffusione di fumo tra i giovani: il 9% degli adolescenti è un fumatore e il 3,5% è un ex-fumatore. Non solo il 5% dei giovani consuma alcol ad un livello così elevato da essere un rischio per salute.
Un dato positivo è quello che dimostra come i giovani siano più vicini alla lettura, al pc e ad internet di quanto lo siano gli adulti: il 57% dichiara infatti di aver letto libri, si dedica all’uso del personal computer il 62% e naviga in internet il 64%.
A dare l’allarme è il Garante per l’Infanzia, Vincenzo Spadafora: “Se la classe dirigente di questo Paese, non solo quella politica, non modifica l’approccio verso i temi dell’infanzia e dell’adolescenza, noi consegneremo alle future generazioni un Paese socialmente disintegrato e responsabile di essere rimasto indifferente nei confronti di una parte rilevante e strategica del proprio capitale umano. Il punto è sostituire l’atteggiamento quasi caritatevole che la politica ha avuto sinora con un’azione organica di lungo periodo, che dimostri di cogliere il valore cruciale delle giovani generazioni.
Se penso agli adolescenti di oggi di cui si parla meno rispetto ai bambini e su cui si investe ancora meno; se penso ai tanti ragazzi che ho incontrato e ascoltato in questi mesi di lavoro e a quello di 16-17 anni che sembrano aver gettato la spugna e con essa i propri sogni e le proprie aspettative, non solo mi domando che futuro avranno, ma mi chiedo che futuro avrà il nostro Paese, come potrà uscire dalla crisi se non comincerà a investire proprio su di loro, sulla loro formazione, partecipazione, sulle opportunità che il mondo del lavoro può rimettere in gioco”.

 

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