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Intervenire sulle imprese per la crescita

di Fabio Germani

lavoro_impreseQuello del premier Enrico Letta, qualche giorno fa, non è stato neppure un suggerimento. Semmai un vero e proprio avvertimento: le risorse per assumere ci sono, ora le imprese non hanno più alibi. La dotazione di ulteriori stanziamenti da parte dell’Ue, che per l’Italia vale un miliardo e mezzo di euro, va ad aggiungersi a quanto già previsto dal decreto lavoro (non molto, a dire il vero), licenziato dal governo appena una settimana fa. Le imprese che dovrebbero assumere grazie agli incentivi vivono tuttavia una condizione diversa. Molte di esse sono allo stremo e alle prese con la possibile creazione di posti a rischio esubero rispetto ai piani e agli andamenti degli ultimi anni. Anche perché la congiuntura si fa sentire. “Tra gennaio e marzo”, ricordava Carlo Buttaroni lunedì sulle pagine dell’Unità, “hanno chiuso i battenti quasi 150 mila attività. Un risultato peggiore persino rispetto a quello del primo trimestre 2009, considerato l’anno nero della crisi. Con un saldo negativo di 31mila unità, i primi tre mesi del 2013 hanno registrato risultati negativi sia dal lato delle iscrizioni di nuove imprese che delle cessazioni delle attività” (dati Unioncamere). L’Inps ha censito una costante flessione del numero delle imprese non agricole, dall’inizio della crisi al 2011, che ha colpito soprattutto l’industria in senso stretto e “salvato” comparti quali commercio, servizi privati, credito e assicurazioni, trasporti e comunicazione, quest’ultimo rimasto per lo più stabile. Un trend che però, come si è visto, non si è placato tra il 2012 e il 2013. E stando alle stime elaborate proprio recentemente da Tecnè, nonostante i provvedimenti presi in materia, il tasso di disoccupazione crescerà ancora fino al 12,6% nel 2014 (12,1% nel 2013).
All’avvertimento di Letta era seguito l’ottimismo del ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. Il quale aveva sostenuto che “se tutte le assunzioni venissero realizzate come abbiamo previsto, complessivamente avremo una riduzione di circa due punti percentuali di questo tasso di disoccupazione mentre con i stage formativi e l’attivazione soprattutto nel mezzogiorno si potrebbe arrivare ad una riduzione di due punti anche del tasso dei neet”. Le misure varate in Cdm, infatti, incidono in particolare sui più giovani nella fascia di età 18-29 anni, secondo requisiti precisi: che siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, che siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale e che siano lavoratori che vivono da soli con una o più persone a carico. Giovannini aveva anche quantificato i nuovi posti di lavoro in 200 mila. Ma Tito Boeri, dalle pagine de Lavoce.info, ha calcolato una soglia di 28.846 posti di lavoro, “ben lontani dai 100 mila e ancor più dai 200 mila”.
Se il Paese ha urgente bisogno di tornare a correre, è sulle imprese e sul sistema produttivo che tocca intervenire in tempi rapidi. Il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, lo ha ammesso in un’intervista. Le nostre aziende, ha affermato, devono stare “nelle condizioni di competere alla pari con quelle europee su questi piani: tasse, cuneo fiscale, costo del denaro, bolletta energetica, livello di burocrazia”.

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