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Il mercato digitale della musica

spotifyDicono che in Italia la pirateria online sia una pratica ancora molto in voga. Che possa essere quantificata in 77 connessioni residenziali su cento. Chi lo dice? Lo dice Spotify in uno studio, buono evidentemente per tirare acqua al proprio mulino (ci arriviamo). Qualche giorno fa si era parlato delle critiche di Thom Yorke degli Atoms for Peace (già Radiohead) rivolte al servizio on demand creato nel 2008 in Svezia e da alcuni mesi disponibile anche nel nostro Paese. L’accusa riguardava i compensi troppo bassi, a scapito soprattutto degli artisti emergenti. L’indagine di Spotify spiega però che chi scarica illegalmente non sempre esagera, in molti casi non si va oltre i due downloads in un anno. C’è ancora da osservare che la ricerca non tiene conto di tutti i modi per scaricare musica illegalmente (ad esempio tramite quei software che estrapolano audio o video direttamente da YouTube). Per risolvere il problema pirateria, ad ogni modo, Spotify ha la soluzione in casa: utilizzare Spotify, gratis o a pagamento tramite le diverse offerte disponibili.
Il servizio svedese è uno dei tanti, forse il più noto. E rappresenta una opportunità per la musica, per quanto un definitivo modello di business in grado di rilanciare il settore non sia stato ancora individuato. Spotify, nel 2012, contava oltre cinque milioni di abbonati a pagamento (erano tre milioni nel 2011) e in Europa è la seconda fonte di ricavi nel settore della musica digitale, mentre nei Paesi scandinavi dove gioca in casa è addirittura la prima. Secondo la società, più del 20 per cento dei suoi utenti attivi sono passati al servizio “premium”, fruibile tramite i dispositivi mobili. Tra i servizi analoghi c’è Deezer, presente in 182 paesi, i cui abbonati sono all’incirca tre milioni.
Più in generale, nonostante la concorrenza dei servizi pirata, nel mondo si comincia a rilevare una buona percentuale (62%) di utenti che prediligono quelli legali. Gli abbonamenti a pagamento sono aumentati nel 2012 del 44% (mentre nella prima metà dell’anno i ricavi sono cresciuti del 59 per cento) e le vendite di download hanno registrato un incremento del 12% (dati Digital Music Report 2013, diffuso alcuni mesi fa dalla Federazione industria musicale italiana).
“Le vendite di download musicali nel 2012 – si legge nel report – sono aumentate del 12 per cento a 4,3 miliardi di unità complessive, sommando tra loro i dati relativi a singoli e album digitali. Questi ultimi sono cresciuti a un ritmo più che doppio rispetto ai singoli: nel mondo si sono registrati 2,3 miliardi di download a pagamento di brani singoli, un incremento dell’8 per cento sull’anno precedente, e vendite pari a 207 milioni di album digitali, il 17 per cento in più rispetto al 2011 a dimostrazione del fatto che la richiesta di supporti a lunga durata da parte dei consumatori resta consistente”. E all’interno del mercato digitale (tornando a Spotify & co.) i servizi in abbonamento fanno concorrenza ai negozi di download (iTunes e Amazon su tutti). “I servizi in abbonamento – afferma il Digital Music Report 2013 – sono oggi parte integrante del mercato della musica registrata, con un totale di 20 milioni di abbonati a pagamento raggiunti nel 2012 (un incremento del 44 per cento sul 2011); si calcola anche che l’anno scorso abbiano superato per la prima volta il tetto del 10 per cento in termini di quota di fatturato complessivo della musica digitale. la fetta di mercato risulta essere considerevolmente più alta in europa, intorno al 20 per cento, grazie anche alla crescita esplosiva registrata in scandinavia. Anche le
cifre raccolte da Ipsos Mediact – è l’ulteriore osservazione – rivelano che i modelli di fruizione in abbonamento rappresentano oggi il tipo dominante di servizio musicale digitale in alcuni paesi”.

 

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