Se il risparmio avviene sulla spesa alimentare
La crisi economica comincia a incidere anche laddove (almeno in teoria) la tendenza al risparmio è l’ultima soluzione: la spesa alimentare. Infatti, stando all’elaborazione Ismea (Istituto dei servizi per il mercato agricolo alimentare) dei dati Panel famiglie Gfk–Eurisko, nei primi cinque mesi del 2013 la spesa delle famiglie italiane è calata del 3,5% su base annua, con i volumi d’acquisto in calo dell’1,5%.
La riduzione dei volumi è un fenomeno comune a tutti i segmenti. Eccezion fatta per il lattiero caseario, che continua a far registrare un seppur minimo segno positivo. “Flessione generalizzata” anche per quanto riguarda il fronte della spesa, dove solo il vino registra una “crescita sostenuta solamente dal rincaro dei prezzi medi al consumo”.
E così gli italiani sono costretti a rinunciare all’acquisto di alcuni prodotti (soprattutto freschi), mentre preferiscono acquistare quelli in offerta o comunque “più economici”. Infine, sottolinea chi ha condotto la ricerca, il consumatore torna ad accumulare scorte alimentari, soprattutto per i prodotti da dispensa o comunque a media conservazione.
In Italia, si acquista sempre meno carne bovina (-5,1% in volume e -4,4% in valore) mentre se ne vende una quantità maggiore di quella suina (+4,7%). I consumatori preferiscono orientarsi verso l’acquisto di “altre tipologie di carne o verso altri alimenti proteici”, come le uova, i cui volumi segnano un +1,9% e la spesa un +5,3%.
L’unico settore in crescita, scrivevamo poco fa, era quello lattiero-caseario. Tuttavia, anche in questo segmento si riscontrano molti cali: diminuisce infatti il consumo di latte fresco e dei formaggi duri. Crescono leggermente le quantità di yogurt (+0,3%), mentre cala “in maniera consistente quello della spesa (-10,3%). “Segno – si legge nella ricerca – che rimanda alle agguerrite politiche di prezzo effettuate dai vari competitor”.
I consumatori italiani acquistano sempre meno ortofrutta fresca: “la flessione – precisa chi ha condotto lo studio – riguarda più il segmento della frutta e degli agrumi (-3,8%) che quello degli ortaggi, dei legumi e delle patate (-1,2%). In lieve crescita gli acquisti di “ortofrutta trasformata”, come gli ortaggi surgelati (+5%), le confetture e le marmellate (+3,7%). Crollano “significativamente” gli acquisti di succhi di frutta e di conserve di pomodoro (rispettivamente -9,5% e -6,4%). Cala notevolmente l’acquisto dell’olio extravergine d’oliva (-10%). Soffre anche il comparto ittico, dove i prodotti freschi registrano una flessione del 4,1%.
E le bevande? La crescita dei volumi acquistati di acqua minerale si è arrestata a quota +0,1%. Calano anche i volumi di bevande gassate (-5,3%).
E così gli italiani sono costretti a rinunciare all’acquisto di alcuni prodotti (soprattutto freschi), mentre preferiscono acquistare quelli in offerta o comunque “più economici”. Infine, sottolinea chi ha condotto la ricerca, il consumatore torna ad accumulare scorte alimentari, soprattutto per i prodotti da dispensa o comunque a media conservazione.
In sostanza, le famiglie italiane tirano la cinghia e tutto questo si ripercuote anche sulle aziende operanti nella distribuzione agroalimentare. Le conseguenze del calo delle vendite, rileva lo studio, colpiscono soprattutto “le imprese operanti su piccole superfici”, che registrano una flessione del 4% su base annua. Reagiscono meglio, invece, le aziende della “grande distribuzione” (-0,8%). In particolare, “all’interno delle grandi superfici, sono ipermercati e supermercati a risentire della flessione delle vendite alimentari (l’indice cala rispettivamente del 2,5% e dell’1,8%). Ma questo discorso non vale per i discount, che registrano un incremento dell’1,3% su base annua.