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La “stangata” per le aziende

tasse_pressione_fiscalePer il momento (l’ipotesi resta però al vaglio del governo) la deducibilità al 50% dell’Imu pagata sui capannoni e sugli immobili connessi all’attività dal reddito di impresa è saltata e le aziende non usufruiranno di particolari agevolazioni, almeno immediate. A ciò si aggiunga quella che la Cgia di Mestre ha definito una vera e propria “stangata”: la Tares. Rispetto al 2012, spiega la Cgia, gli aumenti medi stimati per l’anno in corso saranno molto pesanti. Prendiamo un capannone di 1.200 mq: l’aggravio sarà di 1.133 euro (+22,7%). Nel caso di un negozio di 70 mq (superficie media nazionale), l’asporto dei rifiuti costerà 98 euro in più (+19,7%) mentre su una abitazione civile di 114 mq (superficie media nazionale), l’applicazione della Tares comporterà un aumento di spesa di 73 euro (+29,1%).
La Tares – osserva la Cgia – dovrà assicurare un gettito in grado di coprire interamente il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, vincolo non previsto con l’applicazione della Tarsu. In secondo luogo, si prevede una maggiorazione su tutti gli immobili pari a 0,3 euro al metro quadrato con la quale si andranno a finanziare i servizi indivisibili dei Comuni (illuminazione pubblica, pulizia e manutenzione delle strade). Dall’analisi dei bilanci dei Comuni italiani (anno 2010) è emerso che lo scostamento tra quanto incassato con la Tarsu/Tia e il costo del servizio di raccolta e smaltimento ammonta a circa 0,9 miliardi di euro. Che secondo la Cgia potrebbe essere una stima sottodimensionata. Nell’analisi mancano i dati relativi alla Valle d’Aosta, inoltre non si è potuto tener conto del fatto che alcune Amministrazioni comunali esternalizzano il servizio di smaltimento dei rifiuti a società collegate.
C’è poi il capitolo Iva, il cui possibile aumento inciderà su categoria. Anche se, in termini assoluti, saranno i percettori di redditi elevati a subire l’aggravio di imposta più pesante. Infatti, ad una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa.
Tuttavia l’eventuale aumento dell’imposta peserà maggiormente sulle retribuzioni più basse e meno su quelle più elevate. A parità di reddito, inoltre, i nuclei famigliari più numerosi subiranno gli aggravi maggiori. Sempre la Cgia di Mestre ha realizzato al riguardo alcune simulazioni.
“A seguito dell’aumento dell’aliquota Iva al 22% – afferma la Cgia –, si è ipotizzata una propensione al risparmio nulla per la prima fascia di reddito, pari al 2,05% per il reddito annuo da 20.000 euro, del 4,1% per quella da 25.000 euro e dell’ 8,2% per le rimanenti fasce di reddito. Quest’ultima percentuale corrisponde al dato medio nazionale calcolato dall’Istat nell’ultima rilevazione su base nazionale. In buona sostanza si è ipotizzato che a fronte dell’aumento dei prezzi di beni e servizi a ridurre le spese saranno principalmente le fasce di reddito medio-alte”.
I casi presi in esame riguardano un lavoratore dipendente. Single. L’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sullo stipendio netto annuo si farà sentire maggiormente per le fasce meno abbienti. Infatti è dello 0,29% su un reddito annuo di 15.000 euro, si abbassa allo 0,27% su un reddito annuo di 55.000 euro. In termini assoluti l’aumento di imposta cresce man mano che aumenta il livello retributivo. L’aggravio oscilla tra i 37 e i 99 euro. Lavoratore dipendente con moglie ed un figlio a carico. Nei casi presi in esame l’incidenza percentuale dell’aumento è inversamente proporzionale al livello di reddito. È dello 0,33% per un reddito annuo di 15.000 euro, scende allo 0,30% per un reddito di 55.000 euro. In termini assoluti l’aggravio d’imposta, man mano che cresce il reddito, sale da 51 a 113 euro. Lavoratore dipendente con moglie e due figli a carico. Anche in questa tipologia famigliare l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva è inversamente proporzionale al livello di reddito. Si attesta allo 0,34% su un reddito annuo di 15.000 euro, diminuisce fino a toccare lo 0,31% su un reddito di 55.000 euro. Man mano che cresce il reddito, in valore assoluto la maggiore Iva annua passa da 61 a 120 euro.

 

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