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Potere d’acquisto ai minimi dal 1990

spesa-carrelloNel 2012 il potere d’acquisto delle famiglie italiane è sceso del 4,7%, un dato che rappresenta il peggior calo dal 1990. Entrando nel dettaglio: il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è sceso in termini correnti del 2%. E’ quanto spiega l’Istat che aggiunge anche che la propensione al risparmio è diminuita all’8,4% rispetto all’8,8% del 2011.
Nonostante la contrazione della spesa per investimenti (-4,7% gli investimenti fissi lordi in abitazioni), sottolinea Istat, l’accreditamento delle famiglie consumatrici ha subito un ulteriore ridimensionamento, scendendo dai circa 19 miliardi di euro nel 2011 a circa 16 miliardi nel 2012. Il risultato economico delle Società non finanziarie è migliorato, con una diminuzione dell’indebitamento da 29 miliardi di euro nel 2011 a circa 14 miliardi nel 2012; decisamente positiva è risultata la performance delle Società finanziarie, il cui saldo positivo nel 2012 è stato superiore di circa 13 miliardi rispetto a quello dell’anno precedente.
Passando al Pil, l’Istat spiega che nel 2012 il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato è pari a 1.567.010 milioni di euro correnti, con un calo dello 0,8% rispetto all’anno precedente. La variazione del Pil in volume è pari a -2,5%.
Il calo del Pil è stato accompagnato da una contrazione in volume delle importazioni di beni e servizi del 7,4%; nel complesso, le risorse disponibili sono diminuite del 3,7%. Dal lato degli impieghi si registrano marcate flessioni dei consumi finali nazionali (-3,8%) e degli investimenti fissi lordi (-8,3%), mentre aumentano le esportazioni di beni e servizi (+2%).
Nel 2012 la spesa per consumi finali delle famiglie residenti ha registrato un calo in volume del 4,2%. Nell’ambito dei consumi finali interni, la componente dei servizi è diminuita dell’1,4% e quella dei beni del 6,7%; particolarmente marcate risultano le flessioni della spesa per vestiario e calzature (-9,9%) e per trasporti (-8,6%).
Per quel che riguarda gli investimenti, tutte le componenti registrano riduzioni: -12,8% i mezzi di trasporto, -11% i macchinari e le attrezzature, -6,4% le costruzioni e -2,9% gli investimenti in beni immateriali.
Nel 2012 il deflatore del Pil è aumentato dell’1,7%, mentre quelli della spesa delle famiglie residenti e dei consumi interni sono cresciuti entrambi del 2,8%.
Nel 2012 si è registrato un peggioramento nella ragione di scambio con l’estero, spiega ancora l’Istat, derivante da aumenti del 3,1% del deflatore delle importazioni di beni e servizi e dell’1,9% di quello delle esportazioni.
Nel 2012 il valore aggiunto in volume dell’insieme dell’economia ha subìto una riduzione del 2,3%, a sintesi di contrazioni registrate in tutti i comparti: -5,8% nelle costruzioni, -4,4% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca, -3,1% nell’industria in senso stretto e -1,7% nei servizi.
Nel 2012 le unità di lavoro (ULA) sono diminuite dell’1,1%. Tale risultato deriva da cali dell’1,2% delle unità di lavoro dipendenti e dello 0,9% delle unità di lavoro indipendenti.
I redditi da lavoro dipendente sono diminuiti dello 0,2% e le retribuzioni lorde dello 0,2%. Queste ultime hanno registrato un calo del 2,1% nel settore agricolo, del 4,7% nelle costruzioni e dello 0,1% nell’industria in senso stretto, mentre la variazione è stata lievemente positiva (+0,1%) nei servizi.
Lo scorso anno il valore aggiunto a prezzi correnti generato nel complesso dell’economia nazionale, valutato ai prezzi base, è diminuito dello 0,9% rispetto al 2011. A questo calo hanno contribuito tutti i settori istituzionali, ad eccezione delle Famiglie. In particolare, l’apporto delle Famiglie produttrici alla variazione del valore aggiunto è stato nullo, mentre le famiglie consumatrici hanno fornito un contributo positivo per 0,6 punti percentuali. I contributi delle Società Finanziare e delle Amministrazioni pubbliche sono stati lievemente negativi (pari per entrambi i settori a -0,2 punti), mentre determinante è risultato l’apporto negativo (per 1 punto percentuale) delle Società non finanziarie
Nel 2012 il valore aggiunto ai prezzi base delle Società non finanziarie è diminuito dell’1,9%. A fronte di tale risultato, in presenza di una sostanziale stabilità (+0,1%) dei redditi da lavoro dipendente erogati, si è registrata una diminuzione del risultato lordo di gestione del 4,9%. La quota di profitto (espressa come rapporto tra risultato lordo di gestione e valore aggiunto lordo ai prezzi base) è scesa al 39,2% dal 40,5% del 2011. Gli investimenti fissi lordi sono diminuiti, in termini nominali, del 7%: il tasso di investimento (rapporto tra investimenti fissi lordi e valore aggiunto lordo ai prezzi base) si è attestato al 20,3%, in discesa rispetto al 21,4% dell’anno precedente
Le Società finanziarie nel 2012 hanno subìto un calo del valore aggiunto ai prezzi base del 3,6% che, in presenza di una diminuzione dell’1,6% dei redditi da lavoro erogati, si è tradotto in una flessione del 6,2% del risultato lordo di gestione. Tuttavia, grazie al favorevole andamento dei redditi da capitale, il reddito primario del settore è aumentato in misura marcata (+21,3%).
Nelle piccole imprese classificate nel settore delle Famiglie produttrici, il valore aggiunto ai prezzi base è diminuito nel 2012 dello 0,3% mentre il reddito misto ha segnato una consistente caduta (-5,1%). Gli investimenti fissi lordi, dopo due anni di ripresa, sono calati del 7,3%.
Sulla base delle informazioni aggiornate, l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche nella versione PDE nel 2012 è stato pari in valore assoluto a -46.974 milioni di euro, con un’incidenza in rapporto al Pil del -3,0%, in miglioramento rispetto al -3,8% dell’anno precedente.
Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato positivo per un importo pari al 2,5% del Pil (1,1%% nel 2011).
Il saldo di parte corrente (risparmio o disavanzo delle Amministrazioni pubbliche) è pari a -5.592 milioni di euro, a fronte dei -23.056 milioni del 2011. Il miglioramento deriva da un aumento delle entrate correnti di 23,8 miliardi di euro, superiore a quello delle uscite correnti al lordo degli interessi, pari a 6,4 miliardi.
Guardando alle revisioni apportate ai dati relativi agli anni 2011 e 2012 per il Conto economico delle risorse e degli impieghi risulta che il processo di revisione ha implicato un aggiustamento verso l’alto di 1.094 milioni di euro della stima del Pil ai prezzi di mercato del 2012; il tasso di variazione rispetto all’anno precedente non si è invece modificato.
Per il 2011, il Pil a prezzi correnti è stato rivisto al rialzo di 1.913 milioni di euro; ne è derivata una revisione verso l’alto di 0,1 punti percentuali del tasso di crescita.
La revisione del tasso di variazione del Pil in volume è stata negativa per l’anno 2012 (-0,1 punti percentuali) e positiva per il 2011 (+0,1 punti percentuali).
Per quel che riguarda i tassi di variazione dei principali aggregati del conto delle risorse e degli impieghi, valutati in volume, si registrano revisioni significative per entrambi gli anni. Per il 2011, i tassi di crescita sono stati rivisti verso l’alto di 0,3 punti percentuali sia per le esportazioni, sia per le importazioni, così come la spesa delle Isp; all’opposto, rettifiche al ribasso hanno riguardato la spesa delle famiglie e gli investimenti fissi lordi (entrambi -0,4 punti percentuali). Le stime del 2012 presentano revisioni al ribasso per il tasso di crescita delle esportazioni e degli investimenti fissi lordi (entrambi di -0,3 punti percentuali) e verso l’alto per quelli delle importazioni (0,3 punti), della spesa delle Isp (0,5 punti percentuali), della spesa delle AP (0,2 punti) e della spesa delle famiglie (0,1 punti).
Riguardo al conto delle Amministrazioni pubbliche, le stime relative al 2011 presentano revisioni pari a +241 milioni per le uscite e -365 milioni per le entrate; ciò non ha implicato alcuna variazione nel rapporto tra indebitamento e Pil.
Per l’anno 2012 si sono registrate revisioni al rialzo di 674 milioni nell’ammontare delle uscite e di circa 1.333 milioni nell’ammontare delle entrate: il rapporto indebitamento netto/Pil è rimasto invariato rispetto alla stima precedente.

 

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