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Cosa prevede il reato d’immigrazione clandestina

di Mirko Spadoni

lampedusa_sbarchi_immigrazioneIntrodotto nel 2009 – sotto il governo Berlusconi – il reato di immigrazione clandestina (art. 10 bis della Legge n.94 del luglio del 2009, il cosiddetto “pacchetto sicurezza”) è stato al centro di molte polemiche. Difeso da alcuni, osteggiato da altri, ora dovrebbe essere abolito: il 9 ottobre, la Commissione Giustizia del Senato ha infatti approvato un emendamento (presentato dai senatori del Movimento Cinque stelle Andrea Buccarella e Maurizio Cioffi) che ne prevede l’eliminazione. Ora il testo, che ha ricevuto anche il via libera del governo, dovrà essere discusso in Aula.
Pensato come strumento dissuasivo nei confronti dei migranti, il reato di immigrazione clandestina non ha sempre raggiunto i risultati sperati dai suoi sostenitori. Analizzando infatti i dati sui flussi migratori elaborati dal Censis, emerge che nonostante tutto, il reato di immigrazione clandestina non rappresenta un deterrente. Basti pensare che solo nei primi otto mesi del 2013, complice anche la Primavera araba che nel 2011 fece rilevare un numero di arrivi mai registrati prima di allora, sono giunte in Italia 21.241 persone, contro le 15.570 del 2012 in linea con i livelli degli anni precedenti la legge.
Secondo la norma, il presunto reato commesso dal migrante deve essere giudicato da un giudice di Pace. Gli esiti del processo dipendono però anche dal procedimento amministrativo dell’espulsione dello straniero. Il reato viene punito con una sanzione di tipo pecuniario (un’ammenda da 5.000 a 10.000 euro). Ma la norma autorizza il giudice ad “irrogare” anche l’espulsione (sanzione tra l’altro già prevista in via amministrativa).
In sostanza: la norma punisce sia chi si introduce illegalmente nel Paese, sia chi – una volta entrato in Italia in base a un titolo legittimo – vi si trattiene illegalmente perché il suo titolo di soggiorno o il suo visto sono scaduti (in casi simili, si parla di “overstayers”).
L’espulsione amministrativa è invece di competenza del Prefetto (chiamato a giudicare caso per caso). Mentre il Questore deve procedere all’esecuzione.
Nel caso in cui l’espulsione coattiva non può essere eseguita immediatamente in virtù di impedimenti oggettivi, l’immigrato può essere trattenuto – per un periodo non superiore ai 18 mesi (legge n. 129 del 2011) – in un CIE (Centri di identificazione ed espulsione), la cui gestione rientra nelle competenze delle Prefetture.
Ma quali sono gli impedimenti oggettivi in questione? La nazionalità e l’identità dello straniero devono essere accertate, ad esempio. Oppure mancano i mezzi per acquisire i documenti di viaggio o non sono disponibili mezzi di trasporto idonei o manca il personale per effettuare l’allontanamento. O anche: lo straniero necessita di assistenza medica.
Per inciso: secondo i dati forniti dalla Polizia di Stato, nel 2012 sono stati 7.944 (7.012 uomini e 932 donne) i migranti trattenuti in tutti i centri.
Il reato di immigrazione clandestina aveva suscitato molte polemiche, in passato. Mentre la Corte di Giustizia europea, che pronunciandosi in merito al caso di Hassan El Dridi (un algerino condannato dal tribunale di Trento ad un anno per mancato rispetto di un ordine di espulsione), aveva respinto ogni sua legittimità, spiegando che “una sanzione penale della clandestinità così come stabilita nella legislazione italiana può pregiudicare l’obiettivo di stabilire una politica di rimpatrio che sia rispettosa dei diritti fondamentali”.

 

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