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Il ruolo strategico dell’agenda digitale

di Fabio Germani

agenda_digitaleQuella del premier Enrico Letta durante il suo intervento alla seconda edizione dell’Italian Digital Agenda Forum, organizzato da Confindustria, è suonato un po’ come un’ammissione: “È evidente che l’Italia è un paese in ritardo sul tema dell’agenda digitale. Dobbiamo partire da questa consapevolezza e sapere che c’è la possibilità di recuperare”. Letta dice il vero e vanno ricordati a tale proposito i rallentamenti accumulati a causa di contingenze politiche o condizioni non ritenute prioritarie (sbagliando), tra cabine di regia stoppate anzitempo o misure non adottate nonostante precise scadenze. Diversi studi di recente diffusione concordano su un impatto del 2% sul Pil con 700 mila posti di lavoro creati (circa l’1,8% in più di quelli nel frattempo andati in fumo): tanto dovrebbero pesare le nuove tecnologie nel sistema economico. Il presidente del Consiglio ha poi ricordato come il governo abbia messo in cantiere “la connessione wireless in tutte le scuole italiane”, ma il problema del ritardo strutturale italiano deriva (ancora) dal cosiddetto digital divide.
Se la banda larga, in generale, cresce, in compenso aumenta il divario tra Nord e Sud del Paese e tra aree urbane e aree rurali in termini di copertura. Puntare sull’innovazione, invece, libererebbe nell’immediato risorse per 35 miliardi di euro stando dai dati della Cia (Confederazione italiana agricoltori), presentati sempre nell’ambito del Digital Agenda Forum. La banda larga, è il pensiero comune, cela un’importanza strategica per la competitività di tutti i comparti produttivi, agricoltura compresa.
Osserva la Cia, citando l’Onu, che l’Italia occupa il 57esimo posto in classifica per possibilità di utilizzo di internet: appena il 58% su larga scala, mentre nelle aree rurali soltanto il 17% degli abitanti dispone di una connessione di qualità rispetto all’89% delle aree urbane. Entrando nel dettaglio delle aziende agricole, quelle informatizzate sono 61 mila (il 3,8% del totale). Peccato che le migliori prestazioni risiedano quasi esclusivamente al Nord (ripartite nel Nord-Ovest al 10,9% e nel Nord-Est all’8,1%), mentre al Sud tocchi valori minimi (nelle Isole al 2% e nel Sud all’1,3%).
C’è anche da rammentare che nel nostro Paese, per usare un’espressione quasi gergale, di burocrazia si muore. Ricorda la Cia che fa perdere qualcosa come 4.500 euro a cittadino e già nel settore di riferimento costa oltre quattro miliardi l’anno, di cui più di un miliardo addebitabile ai ritardi della Pubblica amministrazione. Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Allo scopo di evitare ulteriori perdite di tempo a livello comunitario è allo studio il progetto di un mercato unico digitale. Che Letta ha definito “un’occasione imperdibile”.

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1 Commento per “Il ruolo strategico dell’agenda digitale”

  1. […] dati sono stati presentati nel corso del Digital Agenda Forum a conferma di quello che viene ritenuto un po’ ovunque il ritardo tipicamente italiano sul fronte […]

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