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I documenti congressuali a confronto/3

(continua) Un Paese che mira ad una prospettiva di futuro deve puntare su innovazione e riqualificazione del lavoro. Vediamo come la pensano al riguardo i candidati alla segreteria del Partito democratico Gianni Cuperlo, Matteo Renzi, Gianni Pittella e Giuseppe Civati.

Cuperlo: “L’Europa deve rilanciare il suo mercato interno. Lo deve fare realizzando un grande scambio politico tra la costruzione di una vera unione fiscale e una riforma del Patto di stabilità che scorpori gli investimenti dal calcolo del deficit. Lo deve fare rafforzando il bilancio dell’Unione, alimentando con risorse proprie (a cominciare dall’imposta sulle transazioni finanziare) ed emettendo Eurobond per la crescita. Per canalizzare le risorse verso l’innovazione, la ricerca, l’energia, la sostenibilità ambientale e le grandi reti materiali e immateriali […]. Per avviare una stagione di benessere e occupazione bisogna investire sulla democrazia e sulle persone, e a partire da qui realizzare un patto tra lavoro, imprese tradizionali, della creatività, del no profit, saperi basato su alcune direttrici chiare: piano straordinario per l’occupazione, qualificazione della spesa pubblica, riforma del carico fiscale, liberalizzazione dei mercati, politiche pubbliche espansive e anticicliche, sostegno all’innovazione, lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

Renzi: “Dobbiamo semplificare le regole del gioco: sono troppe duemila norme, con dodici riviste di diritto del lavoro, con un numero di sindacati e sindacalisti che non ha eguali in nessun paese occidentale. La funzione insostituibile del sindacato va difesa dagli accessi e garantita attraverso la legge sulla rappresentanza e una rigorosa certificazione dei bilanci di ogni organizzazione sindacale, così come la dignità della politica va difesa dagli sprechi di alcuni politici e della casta. Le associazioni degli imprenditori e dei datori di lavoro – che tante indicazioni danno le occasioni delle proprie assemblee annuali – debbono essere chiamate a una precisa rendicontazione dei vari contributi che ricevono le aziende socie: diminuire i contributi a pioggia che ricevono alcune aziende per abbassare le tasse a tutte le aziende. Attenzione ai nuovi settori: Internet ha creato 700.000 posti di lavoro negli ultimi 15 anni, ma sembra ancora un settore riservato agli addetti ai lavori. E un piano per il lavoro da presentare al Paese prima del prossimo Primo maggio per raccontare che idee abbiamo noi del lavoro, dalla possibilità di assunzioni a tempo indeterminato per i giovani con sgravio fiscale nelle aziende per i primi tre anni fino all’investimento necessario per chi si trova senza lavoro all’improvviso a cinquant’anni”.

Pittella: “Le nostre città sono vere e proprie officine creative. Foreste urbane che in Europa sono un unicum tra centri storici, città consolidate, periferie disperse e territorio. Città “fatte di carne e non di calcestruzzo” – come afferma Glaeser – dimensioni complesse e dense di connessioni e scambi che, in molti casi, hanno saputo rilanciarsi, anche sotto il profilo sociale e economico, grazie ad un circuito virtuoso tra università, ricerca, innovazione, cultura, spettacolo, turismo […]. Non c’è investimento e non c’è progresso se non c’è innovazione. L’innovazione sostenibile è il futuro del nostro Paese. E l’innovazione è non tanto tecnologica, ma soprattutto dimensione applicativa di una buona idea. L’innovazione può essere la base per un nuovo paradigma della società italiana e si dovrebbe progettarne la disseminazione, eliminare l’ignoranza digitale, riconoscere esplicitamente l’economia della conoscenza, sviluppare il mercato dell’open innovation curando la crescita della capacità delle imprese di innovare valorizzando le specificità italiane, mettere in rete l’intera filiera dell’innovazione fatta da università, imprese, credito e territori. Il valore della creatività è la leva del cambiamento”.

Civati: “Un Paese che si identifica nel proprio lavoro ha bisogno di innovazione. Non dimentichiamo che la ripresa, particolarmente timida in Italia, non si potrà misurare con il semplice differenziale positivo sul Pil. Quando la disoccupazione rimane e la diseguaglianza si espande, dobbiamo creare le possibilità per una crescita che aumenti il consumo di cultura. Solo allora potremo affermare di aver agganciato la ripresa […]. In Italia scienza e cultura devono accompagnarsi e tenere insieme tradizione e innovazione, che non sono affatto in contrapposizione come si sostiene con grande superficialità, perché è questa la specificità italiana (che dovrebbe valere anche per la politica e la vita pubblica): artigiani, artisti e scienziati insieme da sempre. E invece, negli anni in cui il mondo cresce puntando sull’economia della conoscenza e investe sulla cultura come fattore di sviluppo, in Italia la formazione e la hanno subito i tagli più duri. Anche a sinistra la priorità del sapere è stata la più predicata e la meno praticata della nostra storia recente”.

a cura di Fabio Germani

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