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Al via la Berlinale 2014

di Giampiero Francesca

berlinale_2014Sperimentale, innovativo, moderno; dei grandi festival europei la Berlinale, la manifestazione cinematografica che si svolge nella capitale tedesca, è sicuramente quella che maggiormente si distacca dai canoni tradizionali di queste cerimonie. Sempre lontana dal glamour dei red carpet, dalla ricerca affannosa dei nomi di grido, dalla necessità di riempire il proprio programma di stelle e divi, la direzione del festival di Berlino si è sempre distinta per la capacità di rintracciare, in giro per il mondo, le anime più nuove della settima arte. Un lavoro di scouting che ha fatto conoscere al grande pubblico, rimanendo agli ultimi vent’anni, autori come Ang Lee (Il banchetto di nozze, 1993), Fatih Akin (La sposa turca, 2004) e Asghar Farhadi (Una separazione, 2011), e ha dato notorietà internazionale a registi la cui fama, fino ad allora, era limitata entro i propri confini, come nei casi di Quan’an Wang (Il matrimonio di Tuya, 2007) o Semih Kaplanoglu (Bal, 2010). Una tendenza che sembra esser ancora una volta confermata scorrendo i ventitré titoli presenti nel programma di questa ultima edizione. Sono infatti molto pochi i film che, a prima vista, possono attirare l’attenzione. Spetterà dunque alle pellicole fuori concorso, volutamente molto diverse dal resto della selezione, il compito di coinvolgere il grande pubblico. Le aspettative maggiori sono sicuramente per The grand Budapest hotel di Wes Anderson. L’estetica colorata, pop e vintage del regista, già due volte perente a Berlino (I Tenenbaum, 2001 – Le avventure acquatiche di Steve Zissou, 2004), sta già avvolgendo la capitale tedesca in attesa che il ricchissimo cast (fra cui spiccano Ralph Fiennes, Jude Law, Mathieu Amalric, Willem Dafoe, Adrien Brody, Bill Murray e Edward Norton) arrivi a salutare i molti fan già presenti. Non meno atteso è l’arrivo sotto la porta di Brandeburgo di George Clooney e del suo The Monuments Men. L’attore americano, giunto alla sua quinta regia cinematografica, si cimenta questa volta con il racconto del lavoro dei critici d’arte che furono impegnati nel recupero delle opere rubate dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Se però, nel 2002, l’esordio di Clooney con Confessioni di una mente pericolosa aveva sorpreso pubblico e critica per la capacità e la maturità di gestione della materia filmica, oggi il protagonista di Ocean’s eleven deve solamente confermare le abilità dimostrate dietro la macchina da presa. Abilità che certamente non mancano a Lars Von Trier. Il regista, autore del poi ripudiato manifesto Dogma 95, arriverà a Berlino con un’opera già carica di polemiche. Nimphomaniac volume I si prospetta infatti come un film dalle tinte forti, le cui scene di sesso esplicito dovrebbero shoccare gli spettatori. Più che le qualità registiche, ancora una volta, l’autore di Copenaghen si distingue per la sua straordinaria furbizia che gli permette di guadagnarsi la ribalta mediatica, al di là dei meriti dei suoi film. Fra le opere del concorso, tutte da scoprire, spicca poi la presenza del novantaduenne maestro del cinema francese Alain Resnais con Aimer, Boire e Chanter, della peruviana Claudia Llosa (Aloft), già vincitrice dell’orso d’oro nel 2009 con Il canto di Paloma, e di una folta schiera di autori autoctoni. Come sempre infatti la Berlinale riserva uno spazio piuttosto rilevante ai registi di casa, nomi spesso quasi sconosciuti fuori dai confini tedeschi, ma che riservano molto spesso interessanti soprese. A rappresentare la Germania in questa edizione saranno, fra gli altri, Feo Aladag (Inbetween Worlds), Edward Berger (Jack Germany) e Dietrich Brüggemann (Stations of the Cross). Accanto alla selezione ufficiale lo spazio di ricerca e riflessione più interessante del festival appare sicuramente la sezione Panorama, che presenta, in questa edizione, un assortimento di pellicole quantomai variegato. Accanto ad autori come Fruit Chan (The Midnight After) o Dante Lam (The Demon Within), specchi deformati della cine contemporanea, verrà presentata la nuova fatica di Tsai Ming Liang, autore fra più amati dalla critica più cinefila. Il cinema ermetico e rarefatto del regista malaysiano approda a Berlino con Journey to the West dopo aver fatto discutere l’intero festival del cinema di Venezia con il colossale Stray Dogs. Un ultima nota di interessa va riservata a Michel Gondry, noto ai più per il bellissimo Eternal Sunshine of the Spotless Mind (barbaramente tradotto Se mi lasci ti cancello), che persenterà, sempre nella sezione Panorama, lo stimolante documentario Is the man who is tall happy? realizzato insieme al grande linguista Avram Noam Chomsky.

 

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