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Le province, a proposito di riforme

di Fabio Germani

graziano_delrioTra le riforme una in particolare è stata abbastanza caldeggiata negli anni, ma rimasta a lungo lettera morta. Ne hanno parlato anche Renzi e Grillo durante lo sciagurato colloquio in diretta streaming, accusandosi reciprocamente sull’argomento: l’abolizione delle province.
Ai tempi della famosa spending review del governo Monti era stato elaborato il cosiddetto riordino, che non si trattava di una vera e propria abolizione bensì di una ripartizione allargata dei territori. La dimensione prevista sarebbe dovuta essere non inferiore a 2.500 chilometri quadrati, con una popolazione residente di almeno 350 mila abitanti. In questo modo le province da 86 sarebbero passate a 50, comprese le dieci Città metropolitane (tenuto conto delle Regioni a Statuto ordinario). All’epoca tutto si complicò con le difficoltà incontrate dai Comitati per le autonomie locali e dalle Regioni nella ricollocazione territoriale delle nuove aree secondo i criteri stabiliti dal governo. Successivamente, con l’insediamento del governo Letta, si è tentato un percorso più ambizioso: un testo breve che, nella sostanza, va a modificare l’articolo 114 della Costituzione, non contemplando più le province. Nel frattempo è stato presentato il ddl Delrio, un provvedimento che in attesa dell’eventuale riforma costituzionale rende le province enti territoriali di secondo livello.
Ad oggi gli italiani favorevoli alla revisione sono il 61,5%, dice l’Eurispes. Nel 2011 erano il 46,6%. Mentre ora i tempi si allungano, con lo slittamento del ddl (Delrio ha ribadito pochi giorni fa di confidare nell’approvazione definitiva per marzo), il governo Letta aveva nei mesi scorsi fatto il calcolo dei possibili risparmi: “La stima fatta dall’Istituto Bruno Leoni porta a identificare un costo politico delle Province pari a oltre 130 milioni di euro a partire dal 2010. Secondo uno studio della Bocconi le spese relative alla rappresentanza politica (indennità e rimborsi a consiglieri e assessori) nelle province italiane assommano a circa 113,63 milioni di euro annui. Secondo i dati dell’Upi del 2004 sono più di 4.200 i politici delle amministrazioni provinciali con un costo che andava da circa 62 mila euro l’anno del presidente di Giunta ai 21 mila di un consigliere. Oggi il presidente di una Provincia costa intorno agli 80/100 mila euro l’anno […]. Il solo risparmio dei costi delle rappresentanze politiche vale circa 11.300 nuovi posti negli asili nido italiani”. Inoltre, emerse dall’indagine, “nell’anno 2009 si stima nel complesso una percentuale di inefficienza del 31,44% che, rispetto ad una spesa complessiva di 8.297.732.825 euro a prezzi costanti 2011, individua una possibile riduzione della spesa totale delle province pari a 2.612.038.532 euro” all’anno.
“Noi vogliamo l’abolizione delle province”, ha chiosato Renzi nel colloquio con Grillo. “Non è vero”, ha replicato il leader dei 5stelle. Più cauto, il presidente del Consiglio incaricato, ci era andato a inizio febbraio durante un suo intervento a Firenze al convegno di Confindustria dedicato alle Città metropolitane. “Sul superamento delle province – aveva osservato il segretario del Pd in quella occasione – non c’è l’accordo di tutti. Noi vogliamo che il 25 maggio non si voti per le province, è possibile se il ddl Delrio avrà in queste ore la svolta al Senato. Questo consentirà di avere delle province di secondo livello con i sindaci protagonisti”.

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