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Editoria, Garante privacy: “Mai attentato alla libertà d’informazione”

Sono apparse in questi giorni, su testate e agenzie, prese di posizione contro il nuovo testo del codice deontologico dei giornalisti attribuito al Garante privacy, con formule suggestive e utili a creare allarme come “bavaglio”, “coltre di silenzio” “divieti al diritto di cronaca”. E’ dunque bene chiarire subito alcuni punti essenziali.
Il Garante per la privacy aveva espresso a suo tempo l’esigenza di aggiornare l’attuale codice dei giornalisti, vecchio di più di quindici anni. Tale esigenza è stata condivisa dall’Ordine nazionale dei giornalisti, con il quale si è avviato un proficuo confronto. E’ auspicabile che il lavoro svolto in questi mesi con l’Ordine non vada sprecato.
E, dunque, la prima cosa da sottolineare è che il Garante non ha imposto nulla. All’Autorità spetta, per legge, il compito di promuovere l’adozione del codice di deontologia, il quale, come tale, deve quindi essere proposto dagli stessi giornalisti. Il Garante, al momento, è in attesa che il testo venga sottoposto al Consiglio nazionale dell’ordine che dovrà a breve esaminarlo.
Non esiste quindi nessuna “via amministrativa”, come qualcuno strumentalmente tenta di accreditare presso gli stessi giornalisti, per imporre limiti alla libertà di stampa.
Né il Garante ha mai pensato di stabilire divieti o attentare alla libertà di informazione che è la cifra della nostra democrazia: gli interventi adottati in questi anni dall’Autorità dimostrano infatti il massimo rispetto per il diritto di cronaca. L’esercizio di tale diritto deve essere sempre libero: ma chi lo esercita deve sapere che può arrivare fino al punto di mettere in gioco altri diritti fondamentali, fino al limite di violare, in alcune circostanze, la dignità delle persone. Quel limite non è puntualmente predeterminato per legge: è piuttosto un punto di equilibrio che sta nella responsabilità del giornalista ricercare, non una volta per tutte, ma ogni volta che fa uso del potere e della libertà di informare. L'”essenzialità dell’informazione” costituisce, da oltre un decennio, la dimensione giuridica utilizzata dai giornalisti per esercitare il bilanciamento tra diritto di informare e diritto alla privacy.
Il codice deontologico, previsto dal legislatore e non dal Garante, costituisce una forma di autoregolamentazione attraverso la quale i giornalisti possono individuare criteri e misure più adatti per realizzare questo equilibrio. E rappresenta, a parere del Garante, la via migliore per definire autonomamente quei criteri rispetto ad eventuali decisioni o limiti dettati per legge.
Quanto ad alcune affermazioni lette in questi giorni, spesso sull’onda del sentito dire, va precisato che:
il “diritto all’oblio” è un principio consolidato nella giurisprudenza europea (sancito anche nel Regolamento votato giorni fa dall’Europarlamento), ancor più valido oggi in presenza degli archivi on line dei giornali (il cui aggiornamento, peraltro, da alcuni anni viene già normalmente attuato dagli editori su richiesta degli interessati);
la proposta di “privilegiare”, non imporre, la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni e non la pura e semplice trascrizione – “salvo i casi in cui non sia compromesso il diritto di cronaca” – fa riferimento ai principi già previsti dal codice di procedura penale;
la tutela delle persone totalmente estranee al procedimento giudiziario, rispetto a fatti privi di interesse pubblico, è prevista non solo nella Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2003, ma costituisce un principio di civiltà.

(fonte: Garante Pivacy)

 

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