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Economia a stelle e a strisce

di Fabio Germani

janet_yellenLa Casa Bianca aveva recentemente stimato per il 2014 una crescita economica del 3,3%. Ad abbassare le pretese ci ha pensato però la Fed, secondo cui per l’anno in corso le nuove proiezioni riducono il margine di crescita tra il 2,8 e il 3% (il Pil crescerà invece del 3-3,2% nel 2015). Le prime mosse di Janet Yellen alla guida della banca centrale statunitense, tuttavia, riguardano gli stimoli all’economia che vengono tagliati, almeno quelli “straordinari”, perché ritenuti ora inadeguati rispetto alla guidance stabilita ormai nel 2012. Da una parte, quella emersa al termine dei due giorni di vertice della Fed, è una strategia qualitativa e dall’altra il sintomo di un’economia comunque in ripresa. Ad ogni modo la soglia del 6,5% per il tasso di disoccupazione, che a suo tempo la Fed considerò opportuna per iniziare a valutare un aumento dei tassi, viene accantonata e il lavoro – che pure desta ancora preoccupazione – non sarà l’unico parametro per valutare un eventuale intervento. In pratica la banca centrale ha tagliato di dieci miliardi di dollari al mese il piano di stimolo all’economia statunitense, portando gli acquisti mensili di asset a quota 55 miliardi di dollari. La scure riguarda cinque miliardi di titoli di stato americani e cinque miliardi di titoli legati ai mutui.
Nel mese di febbraio sono stati creati negli Stati Uniti più posti di lavoro del previsto (175 mila quando ne erano attesi 152.000), ma il tasso di disoccupazione è cresciuto al 6,7% rispetto al 6,6 del mese precedente. Sono circa dieci milioni le persone senza lavoro, 3,8 milioni i disoccupati di lungo termine (quelli senza lavoro da almeno 27 settimane sui quali aleggia l’incertezza attorno alla coperture necessarie per i sussidi), vale a dire 203 mila in più. Desta preoccupazione il tasso di disoccupazione, dicevamo, anche perché l’amministrazione Obama stima che resterà oltre il 6% fino al 2017.

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