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Fare i ricercatori all’estero conviene

Chi decide di andare a lavorare fuori dall'Italia guadagna più dei colleghi, afferma l'Isfol
di Matteo Buttaroni

ricercaDiecimila euro. Tanto guadagnano in più i dottori di ricerca italiani che vanno all’estero in confronto ai colleghi che rimangono all’interno dei confini nazionali. Si parla infatti di uno stipendio medio di 29.022 euro l’anno contro 20.085 euro. In poche parole: i dottori di ricerca italiani che decidono di andare a lavorare all’estero guadagnano il 50% in più di chi non si muove. E’ la fotografia scattata dall’Isfol attraverso l’Indagine sulla Mobilità Geografica dei Dottori di Ricerca. “I dati – spiega l’Isfol – si riferiscono a un vasto campione di individui che hanno conseguito il dottorato nel 2006 e sono stati intervistati sei anni dopo”.
Secondo l’analisi un vantaggio retributivo è stato riscontrato anche da chi si è mosso all’interno del territorio nazionale: in questo caso il reddito si attesta a 20.524 euro, contro i 19.180 euro di chi non si muove. Dallo studio emerge anche l’enorme peso della disparità di genere. I dottori di ricerca di sesso maschile guadagnano infatti il 19,6% rispetto alle colleghe. Anche essere un lavoratore dipendente offre un vantaggio retributivo non indifferente rispetto ai lavoratori autonomi. I primi guadagnano l’11% in più rispetto ai secondi, che a loro volta guadagnano il 10% in più rispetto ai lavoratori con contratto a tempo determinato.
Un divario ancora più notevole se si prendono in considerazione i lavoratori con contratto di collaborazione e quelli a progetto. In questo caso i primi guadagnano il 22% in più rispetto ai colleghi. Naturalmente pesa anche il titolo di studio conseguito: coloro che svolgono il medesimo lavoro da prima del conseguimento del titolo, spiega l’Isfol, hanno un reddito del 17% superiore.
Le aree disciplinari che “rendono” di più sono quelle legate alle scienze mediche, veterinarie e farmaceutiche, che presentano un +7% rispetto al valore medio. Al contrario i dottori con studi umanistici e psicosociali hanno un guadagno molto inferiore rispetto alla media, il 16% in meno.
Il tasso di occupazione, per i dottori di ricerca che hanno conseguito il titolo di studio sei anni fa, si attesta al 92,5, quello di disoccupazione al 2,1% e quello di inattività al 5,4%. Per chi va all’estero quello di occupazione sale al 95,4%, mentre quello di inattività scende al 2,6%. La maggior parte dei dottori di ricerca lavora nel settore pubblico, nonostante quello privato riesca a garantire introiti del 9% superiori rispetto ai colleghi. Il 65% risulta dipendente, il 47,5% ha un contratto a tempo indeterminato e il 17,6% a tempo determinato. Il 20,6% ha invece un contratto di collaborazione e il 10,6% è libero professionista. Per quanto riguarda i dottori all’estero, il 30% ha un contratto a tempo determinato e il 27% di collaborazione.
L’88% dei dottori occupati afferma di essere molto o abbastanza soddisfatto del proprio lavoro, un valore che, per chi si è recato all’estero, sale al 97%.

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