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Le ultime mosse di Obama in Medio Oriente

di Mirko Spadoni

barack_obama1-1024x682Gli Stati Uniti faranno da sé. Il presidente Barack Obama è pronto ad autorizzare voli di sorveglianza sulle regioni siriane controllate dallo Stato islamico (IS), senza consultare – né tantomeno coinvolgere nelle operazioni – la Siria di Bashar al Assad. Dopodiché Washington potrebbe valutare la possibilità di attaccare le postazioni dell’IS, “che – secondo quanto sostenuto dal segretario della Difesa Chuck Hagel – rappresenta una minaccia” forse più grande di al Qaeda.
La decisione della Casa Bianca arriva però anche in risposta alla decapitazione del giornalista James Foley, uno dei pochi statunitensi ad essere stato ucciso dai terroristi nell’ultimo anno. Secondo il Dipartimento di Stato americano, i morti causati nel 2013 dal terrorismo sono stati 17.981. Di questi solo 16 erano cittadini statunitensi (dati Country Reports on Terrorism 2013).
Ma lo Stato islamico non rappresenta una “minaccia” solo per Washington e i suoi alleati. Tra i nemici dell’IS c’è anche Damasco. Il regime siriano si è quindi detto “disponibile a cooperare con la comunità internazionale contro il terrorismo nel rispetto della risoluzione ONU n.2170”, che prevede sanzioni contro i gruppi jihadisti in Siria e Iraq. Ma le dichiarazioni del ministro degli Esteri siriano Walid Muallem hanno aumentato le preoccupazioni del presidente statunitense Barack Obama, “la cui politica estera – sostiene un sondaggio un recente sondaggio condotto dal Wall Street Journal e dalla NBC – viene giudicata positivamente solo dal 36%”.
L’inquilino della Casa Bianca valuta così con attenzione quali iniziative intraprendere per rendere inoffensivo lo Stato islamico, senza però fornire eventuali vantaggi strategici ad Assad. Tant’è che lunedì il contrammiraglio statunitense, John Kirby, ha annunciato l’intenzione di aumentare “gli sforzi per l’addestramento e la fornitura di armi al Free Syrian Army (l’ala apparentemente moderata del fronte dei ribelli impegnati dal 2011 nella guerra civile contro Damasco, ndr)”. Guerra durante la quale hanno perso la vita 191.369 persone (oltre 100.000 solo nell’ultimo anno), secondo quanto rilevato da un rapporto delle Nazioni Unite diffuso in settimana. “L’immobilità dell’Occidente di fronte a questa strage – ha denunciato l’Alto commissario dei diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay – ha rafforzato e incoraggiato gli assassini”. Tra questi ci sono sicuramente i fondamentalisti dell’IS, accusati sempre dall’ONU di condurre una “pulizia etnica e religiosa”. “Questo tipo di persecuzioni – ha osservato Pillay – sono crimini contro l’umanità”.
L’avanzata dello Stato islamico rappresenta quindi una minaccia troppo grande nella regione mediorientale, caratterizzata da una fortissima instabilità. Negli ultimi sette giorni e secondo quanto sostenuto dal New York Times, Egitto ed Emirati Arabi Uniti avrebbero condotto diversi attacchi aerei contro alcune milizie islamiste, da tempo in lotta con le forze miliare libiche per il controllo di Tripoli. Cogliendo di sorpresa Washington: i due Paesi, che al momento hanno smentito l’indiscrezione del quotidiano statunitense, avrebbero agito senza avvisare la Casa Bianca.

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