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Un futuro incerto per i giovani lavoratori

di Mirko Spadoni

giovaniIl futuro dei giovani lavoratori italiani si preannuncia difficile: molti di loro percepiranno una pensione inferiore ai 1.000 euro. Uno scenario previsto dal CENSIS e che riguarderà soltanto i più fortunati ovvero chi è ben inserito nel mercato del lavoro. Per tutti gli altri (i disoccupati e gli inattivi, ad esempio) la situazione potrebbe molto diversa.
Il 40% dei lavoratori dipendenti di età compresa tra i 25 e i 34 anni percepisce una retribuzione netta media mensile fino a mille euro. Di questi il 65% avrà una pensione addirittura inferiore, pur con avanzamenti di carriera medi assimilabili a quelli delle generazioni precedenti, spiega il CENSIS.
Una situazione analoga, del resto, a quella vissuta da buona parte dei pensionati in Italia. Nel 2013, secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto annuale dell’INPS, il 43,5% dei pensionati (6,8 milioni di persone) percepiva un assegno pensionistico inferiore ai mille euro al mese. Il 13,4% del campione non raggiungeva nemmeno i 500 euro, per una spesa relativa alla fascia più povera dei pensionati di 52,4 miliardi di euro (il 19,7% della spesa totale).
La pensione, che a tempo debito verrà percepita da chi al momento è ancora giovane, dipenderà dalla capacità di versare contributi presto e con continuità, osserva il CENSIS. Secondo cui ad oggi il 61% dei nostri giovani ha avuto una contribuzione pensionistica “intermittente” e pertanto insoddisfacente a garantirgli un assegno pensionistico cospicuo. Il motivo? Molti di loro sono rimasti a lungo senza un’occupazione oppure l’hanno svolta lavorando in nero.
La previsione del CENSIS, ricordiamo, riguarda infatti soltanto “i più fortunati” ovvero i 3,4 milioni di giovani che ad oggi sono inseriti nel mercato del lavoro, con contratti standard.
Tanti sono invece gli under 25 senza un’occupazione e molti altri sono quelli alla ricerca: a dicembre il tasso di disoccupazione – ovvero la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati) – si attestava al 42%. Troppi sono i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni considerati inattivi e che in quanto tali non fanno parte della forza lavoro: a dicembre, secondo l’ISTAT, erano 4 milioni e 382 mila.
Già di per sé difficile, la situazione sul fronte occupazionale è peggiorata molto negli ultimi anni: nell’arco di un decennio, il numero dei giovani italiani con un’occupazione è crollato. Nel primo trimestre del 2014 erano 4,2 milioni (nel 2004 erano 6 milioni). Tutto questo ha un elevato costo sociale, stimato dal CENSIS a 120 miliardi di euro, pari al Prodotto interno lordo di tre Paesi europei come Lussemburgo, Croazia e Lituania messi insieme.
Favorire l’inserimento o il reintegro dei più giovani nel mercato del lavoro è ormai una priorità per il nostro Paese. In tal senso, un aiuto potrebbe arrivare dall’Unione europea. Soltanto qualche giorno fa, infatti, la Commissione europea ha aumentato da 1,5% al 30% il tasso di pre-finanziamento per la Garanzia per i Giovani, il piano attraverso il quale gli Stati membri intendono offrire ai giovani con meno di 25 anni un’offerta di lavoro, un apprendistato o una formazione qualitativamente validi entro quattro mesi da quando hanno lasciato la scuola o perso il posto di lavoro.
Una volta approvata dal Consiglio e dal Parlamento europeo, oltre a garantire 170 milioni di euro all’Italia (164 in più rispetto a quelli inizialmente previsti), la decisione della Commissione potrà aiutare 650 mila giovani contro i circa 20 mila che ne avrebbero tratto beneficio senza l’intervento.

(articolo pubblicato il 16 febbraio 2015 su Tgcom24)

 

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