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La spesa alimentare dei consumatori

carrello_della_spesaIn Italia i discount hanno visto crescere il numero di clienti negli ultimi anni. Non che all’estero le cose vadano diversamente: l’ultimo fatturato di Poundland, la catena di negozi alimentari britannica che vende tutto a 1 sterlina (o anche meno), può essere una dimostrazione.
Per la prima volta nella sua storia, infatti, Poundland ha fatturato oltre un miliardo di sterline. La crescita dei ricavi è stata alimentata sia grazie all’apertura dei nuovi negozi sia all’aumento delle vendite nelle filiali aperte da più di un anno (+2,4%). Dal 2006 ad oggi, Poundland ha triplicato così le vendite.
Quindi anche in Gran Bretagna, la cui economia gode di buona salute (nel 2014 il Prodotto interno lordo è cresciuto del 2,8% soprattutto grazie ai consumi), molti consumatori decidono di effettuare i propri acquisti tra gli scaffali di un discount. Un’abitudine, quest’ultima, sempre più diffusa anche nel nostro Paese.
Nel gennaio 2015, secondo un’elaborazione della Coldiretti sulla base dei dati Istat, in Italia la spesa low cost nei discount alimentari ha fatto registrare l’incremento maggiore (+5,6% su base annua) rispetto alla crescita più degli acquisti alimentari effettuati nella grande distribuzione (+3,6%) e a quella più modesta nelle piccole botteghe alimentari (+0,6%). Le vendite del commercio al dettaglio dei prodotti alimentari sono cresciute così del 2,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Si tratta di un risultato importante per il nostro Paese, dove il costo della spesa alimentare è superiore del 2,1% rispetto alla media europea. Stando ad uno studio dell’Associazione Difesa Orientamento Consumatori (Adoc), per l’acquisto degli alimenti una famiglia italiana spende mediamente 457 euro al mese: circa 10 euro in più rispetto alla media europea. Una spesa sostanzialmente in linea nel panorama europeo, osserva l’Adoc.
A preoccupare, semmai, è l’incidenza della spesa alimentare sul reddito. Quest’ultima assorbe oltre un sesto delle entrate di un nucleo familiare. Secondo l’associazione dei consumatori, la causa è riconducibile alla busta paga media di un lavoratore italiano, “estremamente deficitaria” specie nel Mezzogiorno e per i giovani. E così il reddito degli italiani è mediamente inferiore del 25% rispetto a quello percepito nel resto dei Paesi europei.
In Italia la spesa alimentare assorbe il 18% delle entrate: circa l’8% in più rispetto a Germania, Olanda e Svizzera; il 4,6% in più rispetto alla Gran Bretagna e il 3,7% in più rispetto alla Francia. Soltanto in Grecia e Portogallo l’incidenza sul reddito è maggiore, rispettivamente del 9,1 e del 4,8% in più.

(articolo pubblicato il 16 aprile 2015 su Tgcom24)

 

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