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Fisco e credit crunch, tutte le difficoltà delle imprese

soldi-euroImprese costrette a chiudere i battenti. Imprese cui è stato negato l’accesso al credito. Imprese tartassate. Il mondo delle imprese italiane – la maggior parte di dimensioni piccole e medie – ha dovuto fronteggiare non pochi ostacoli negli anni della crisi economica. In questo senso è ancora presto per parlare di ripresa, ma il 2015 sembra se non proprio l’anno dell’inversione di tendenza, almeno del cambiamento.
Di recente l’Abi (Associazione bancaria italiana) aveva rilevato una crescita (+7,6%) dei prestiti alle imprese nel trimestre dicembre 2014-febbraio 2015. Ma attenzione: secondo Confesercenti, nello stesso periodo di riferimento, si è registrata una contrazione media dello stock dei crediti concessi alle imprese non finanziarie del 2,5% su base annua, passando dai 924.453 milioni di euro dell’anno precedente ai 901.051 attuali. L’incremento registrato dall’Abi, osserva Confesercenti, riguarda solo le erogazioni.
Il credito bancario rappresenta ancora la principale fonte di finanziamento, soprattutto per le Pmi, ma la stretta creditizia ha ridotto la quantità di prestiti erogati costringendo talvolta gli imprenditori ad abbassare la saracinesca (anche per questo motivo, infatti, il settore delle costruzioni è stato tra i più colpiti dalla crisi).
Tuttavia, pur presentando un saldo negativo come è da molto consuetudine, il numero delle imprese che hanno cessato l’attività nel primo trimestre del 2015 risulta essere in diminuzione. La differenza che deriva da natalità e mortalità dell’impresa è negativo anche stavolta, ma tra gennaio e marzo 2015 il saldo è stato pari a -18.658 unità, in rallentamento rispetto alle 24.490 in meno di inizio 2014 (dati Movimprese, analisi statistica trimestrale condotta da InfoCamere sulla base del Registro delle imprese per conto di Unioncamere).
Il capitolo fisco, poi, di certo non va trascurato. La morsa si fa sentire da noi più che altrove, in Europa. Ma nel 2015, secondo il Rapporto dell’Osservatorio della Cna sulla tassazione della piccola impresa, il peso del fisco dovrebbe attestarsi al 62,2%, in calo cioè dell’1,7% rispetto al 2014 (molto dipende dall’abolizione della componente lavoro dell’Irap). Il dato è ad ogni modo superiore al 59,2% raggiunto nel 2011, “l’anno zero del federalismo fiscale”. Tra le città più tartassate il primato spetta a Reggio Calabria, a seguire Bologna, Napoli e Roma. È Cuneo, invece, quella con la pressione fiscale più leggera.

(articolo pubblicato il 29 aprile 2015 su Tgcom24)

 

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