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Gli effetti della crisi economica

pil_crisi_economicaLa ripresa c’è, ma la crisi si fa ancora sentire. Sembra suggerire questo l’annuale rapporto dell’Inps, perché gli effetti di una determinata fase economica, positiva o negativa, devono essere osservati nel lungo periodo, non bastano pochi mesi. E descrivere il paese ora significa anche contare le ferite che la crisi economica ha provocato.
I casi sono noti: aumento della disoccupazione, sperequazione sociale, rischio povertà, imprese che arrancano. Spiega l’Inps che la crisi si è accanita, per così dire, con la fascia di popolazione già debole aggravandone la condizione di povertà. In pratica la quota più povera – in termini di reddito della popolazione – ha perso il 27% del reddito disponibile rispetto al 2008, mentre la parte più ricca ha perso “appena” il 5%. Dunque, in termini percentuali, le persone povere sono aumentate in sei anni dal 18% al 25% (da 11 a 15 milioni, in cifre).
Ovviamente il problema principale riguarda il lavoro, visto che dal 2008 al 2014 il numero di occupati si è ridotto di oltre 800 mila unità. E il rischio di povertà, non a caso, è aumentato proprio tra i disoccupati, soprattutto quelli over 50. Quella fascia di età, cioè, che incontra maggiori difficoltà a ricollocarsi nel mercato del lavoro, con il pericolo di vedere tramutata la propria condizione in “disoccupazione strutturale”.
Tale situazione deriva anche da un tessuto imprenditoriale che ha risentito non poco della congiuntura economica. Tutti i settori di attività economica hanno registrato ancora nel 2014 una flessione nel numero complessivo delle imprese (del 2,8% rispetto all’anno precedente). Così, nell’edilizia, la contrazione rispetto al 2013 è stata del 6,9%, nell’industria del 2,8%, nel commercio del 2,8%. E dell’1,4% nei servizi privati, dell’1,9% nei trasporti e nelle comunicazioni e dell’1% nelle imprese agricole.
Mentre in generale il lavoro dipendente – una parte fondamentale nel sistema produttivo del paese, ricorda l’Inps – ha perso 161 mila posizioni rispetto al 2013 (-1,3%), nell’agricoltura si è invece osservato un aumento degli operai che nel 2014 sono aumentati in media di circa ottomila unità (+1,4%). I lavoratori domestici sono diminuiti, con una variazione negativa del 6,2%. E anche i collaboratori e i professionisti iscritti alla gestione separata evidenziano nel 2014 una diminuzione rispetto al 2013 (-78 mila unità pari a -8,6%), così come i professionisti della gestione separata (le partite IVA) sono calati di 62 mila unità (-30,1%).
Capitolo pensioni. Il 72,5% dei pensionati percepisce una sola pensione per un valore medio mensile di 1.240 euro lordi (risultanti dalla media di 916 euro per le donne e 1.536 euro per gli uomini). Il restante 27,5% cumula due o più pensioni raggiungendo in media 1.541 euro lordi al mese (1.443 euro le donne e 1.759 euro gli uomini). E comunque ci sono 6,6 milioni di pensionati che non arrivano a mille euro al mese. A questi si aggiungano 1,9 milioni di persone che non supera i 500 euro al mese…

(articolo pubblicato l’8 luglio 2015 su Tgcom24)

 

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