Come vanno le cose a Twitter
Per raccontare come vanno le cose a Twitter, centoquaranta caratteri non bastano. Non potrebbe essere diversamente, del resto. Qualche giorno fa, ad esempio, ha diffuso il rapporto sulla trasparenza (Trasparency Report). Secondo i dati, relativi al primo semestre del 2015, Twitter ha ricevuto 4.363 domande di richiesta dati (il 52% in più rispetto al semestre precedente) da parte di 62 governi. Tra questi c’è anche l’Italia. Per le oltre 4 mila richieste di informazioni ricevute dai governi – per lo più relative a indagini giudiziarie – Twitter ha risposto positivamente nel 58% dei casi. Gli Stati Uniti hanno presentato il maggior numero di domande (2.486) che nell’80% dei casi sono state ‘soddisfatte’. Al secondo posto il Giappone (425 richieste) e al terzo la Turchia (412). Per inciso: delle oltre 400 domande presentate da Ankara, Twitter non ne ha ‘esaudita’ nessuna. Infine, l’Italia: il nostro Paese ha avanzato 43 domande di informazioni sugli account, ottenendo risposta nel 16% dei casi. La trasparenza non è l’unica preoccupazione per Twitter, però. Il problema non ha nulla a che fare con i ricavi dell’ultimo trimestre, pari a 502 milioni di dollari e in crescita del 64% rispetto all’anno precedente, ma con gli utenti, il cui numero stenta a crescere a ritmi soddisfacenti. Nell’ultimo trimestre hanno aperto un account appena due milioni di nuovi “users”, che vanno ad aggiungersi ai 302 milioni che già utilizzavano Twitter. Cifre lontanissime da quelle di altri social network: Facebook ha 1,4 miliardi di utenti, per capirci. Cosa impedisce a Twitter di replicare un successo simile? Il Ceo ad interim e co-fondatore della società, Jack Dorsey, ha provato a dare una risposta: pur essendo molto conosciuto, la maggior parte delle persone trova complicato il suo utilizzo. Ma non è tutto. Le inserzioni pubblicitarie su Twitter sono poco efficaci, come ha osservato Pier Luca Santoro, commentando su DataMediaHub una ricerca condotta da eMarketer. “Se infatti le opportunità di essere visti sono molto elevate, così come avviene anche per Facebook, le persone raggiunte effettivamente sono un numero di gran lunga inferiore e, soprattutto, il gap tra i pochi che visualizzano effettivamente i tweet e quelli che poi cliccano sul contenuto è enorme”.
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