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Economia in risalita, ma la crescita è ancora lenta

crisi-economica3La situazione economica dell’Italia è senza dubbio in miglioramento, un dato che va visto con ottimismo dopo la “caduta libera” avvenuta negli anni della crisi economica. Ma la domanda che ora va posta, per quanto al momento un’eventuale risposta non risulterebbe esaustiva, è: il peggio è davvero passato?
Una risposta esaustiva, dicevamo, è impossibile da formulare. Possiamo però ricordare le previsioni e le stime recentemente diffuse. Il Fondo monetario internazionale ritiene che l’Italia stia procedendo a passi lunghi, “sopra le attese”. Il governo ha visto al rialzo le stime di crescita per il 2015 (+0,9) mentre Confinudstria è ancora più ottimista (+1%) e prevede ulteriori aggiustamenti sul fronte lavorativo, con mezzo milione di posti di lavoro in più nell’arco del bienno 2014-2016.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, in effetti, miglioramenti sono stati registrati tanto nella componente maschile quanto in quella femminile e un po’ in tutte le ripartizioni geografiche, compreso quel Mezzogiorno che, secondo lo Svimez, mostra i maggiori divari con il resto del paese proprio sul fronte occupazionale.
Tuttavia la disoccupazione resta ancora relativamente alta, con un tasso attorno al 12%, più alto della media nell’Eurozona. E quella giovanile, sebbene in calo (-2,5%), resta ancora oltre il 40%, su livelli francamente non accettabili.
Ma la questione non è tutta qui, ovviamente. La politica monetaria espansiva della Bce, tramite lo strumento del quantitative easing e l’iniezione di liquidità che ha provocato un deprezzamento dell’euro, ha facilitato la vita alle imprese orientate all’export, eppure sulle esportazioni sta pesando in questo momento il rallentamento delle economie emergenti. Motivo per cui l’istituto di Francoforte si dice adesso più cauto e non esclude un prolungamento del suo intervento.
Le esportazioni hanno tenuto a galla l’economia italiana, la cui crisi è stata soprattutto una crisi di domanda interna. L’impatto della crisi economica sulle famiglie è valso un salto indietro di 25 anni sugli standard di consumo, pertanto è da considerare più che positivo il recupero di quest’anno. Per Confesercenti i consumi della famiglie dovrebbero infatti attestarsi alla fine del 2015 sul +0,8%, trainati principalmente dal crollo dei prezzi del petrolio e dal bonus fiscale che ha interessato i redditi più bassi.
Ma è l’altra componente fondamentale della domanda interna – gli investimenti – a destare qualche preoccupazione in più. Non solo perché la diminuzione durante la recente fase recessiva è risultata drastica, ma anche perché a differenza di altri indicatori stenta a ripartire (non solo in Italia) e nel lungo periodo ciò può avere ripercussioni negative su produzione e occupazione.
A proposito di investimenti, anche quelli esteri hanno evidenziato negli anni della crisi una netta riduzione. Sono ripartiti nel 2014, vero, ma in percentuale al Pil il dato non è ancora particolarmente gratificante. Con il 17,4% nel 2014, alla stregua di quanto avvenuto dall’inizio della crisi (l’elaborazione è della Cgia di Mestre), l’Italia occupa le ultime posizioni in Europa. Insomma, l’Italia mostra miglioramenti, sostenuti da un contesto internazionale più favorevole, ma guai ad abbassare la guardia.

 

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