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Come rilanciare il lavoro, l’esempio del Regno Unito

di Fabio Germani

posto di lavoroNonostante i miglioramenti registrati nelle ultime settimane, la disoccupazione (che resta comunque alta) continua ad essere motivo di dibattito e preoccupazione. Soprattutto quella giovanile, che secondo i ministri del Lavoro del G20 andrebbe ridotta del 15% entro il 2025.
La richiesta, fatta di recente, tiene conto ovviamente della differenze dei singoli mercati del lavoro, ma, in linea generale, la diminuzione del 15% della disoccupazione giovanile può essere un traguardo raggiungibile – sostengono i ministri del Lavoro del G20 – concentrando gli sforzi su ragazzi e ragazze con bassi livelli di preparazione, non più studenti e non occupati, ovvero i Neet (acronimo che sta per “not engaged in education, employment or training”).
Per far ripartire il mercato del lavoro, oltre che investire in capitale umano (una prima forma di ammortizzatore sociale), serve ricreare quelle condizioni favorevoli che gli anni della crisi economica hanno spazzato via. Un esempio in questo senso viene dal Regno Unito, ancor prima che dagli Stati Uniti.
Oltreoceano, infatti, il mercato del lavoro è ripartito (il tasso di disoccupazione si attesta intorno al 5%), ma presenta allo stesso tempo un più basso tasso di partecipazione della forza lavoro. Motivo per cui la Fed, al cospetto di un rallentamento dell’economia mondiale e di qualche incertezza sul fronte occupazionale, ha rinviato ancora il rialzo dei tassi, lasciando invariato il costo del denaro.
Nel Regno Unito, invece, secondo i dati dell’Office for National Statistics (Ons), il tasso di disoccupazione risulta al 5,5% (di poco sotto la precedente rilevazione, ma meglio delle attese), e il buon andamento tanto dell’economia quanto del mercato del lavoro sta sostenendo la crescita dei salari (del 2,9%, ai massimi dal 2009).
Il processo è noto: se i salari diminuiscono e i prezzi restano stabili (o addirittura crescono), a calare è in primo luogo il potere d’acquisto e, in conseguenza, i consumi. Riducendosi la domanda, le imprese sono così costrette a ridurre anche la produzione e quindi a utilizzare meno lavoratori nei cicli produttivi.
Dunque una ripresa, “piena”, del mercato del lavoro deve andare di pari passo con il miglioramento generale della situazione economica (domanda interna, produzione). Sicuramente una spinta è giunta anche dalla politica monetaria espansiva della Bce. Nel secondo trimestre del 2015 l’occupazione è cresciuta appena dello 0,3% nell’Eurozona (dati Eurostat), ma il tasso di posti vacanti – che comprende il lato della domanda, cioè delle figure professionali che servono alle imprese o di cui se ne evidenzia un certo grado di assenza – si colloca all’1,7%, su livelli stabili per il 2015 e di poco sopra l’1,6% di un anno fa (in Italia si attesta allo 0,6%, quando era allo 0,5% nel 2014).

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