È ancora troppo lenta la ripresa in Italia
Che l’Italia sia in risalita ormai è un dato di fatto, tuttavia si tratta ancora di una ripresa lenta e non priva di rischi. Non a caso nella sua classifica (al contrario) sulle performance economiche nel 2016, l’Italia figura ai primi posti (all’11esimo per la precisione).
Secondo Bloomberg, infatti, il Pil dell’Italia crescerà dell’1,3% nel 2016 (+1,4% secondo l’Ocse, +1,3% per il Fmi, +1,5% per l’Eurostat e +1,6% per il Governo), ma ci sarebbe ancora un rischio del 13% che l’Italia possa ricadere in recessione.
Le dinamiche del commercio con l’estero (fino a qualche mese motore dell’economia italiana, ma ora in affanno a causa delle difficolta dei Paesi emergenti) e del mercato del lavoro sembrano infatti supportare quest’ipotesi. Un forte contributo alla crescita italiana è infatti arrivato più da fattori esterni – come il Quantitative easing e il crollo del prezzo del petrolio – che interni.
Un confronto realizzato dal Ministero dello sviluppo economico, su dati Eurostat, tra l’Italia e le principali economie europee, mostra che rispetto a Francia, Germania e Regno Unito i progressi fatti dal nostro Paese sono stati inferiori.
Prendendo ad esempio la produzione industriale, un indice fondamentale per valutare lo stato di salute di un’economia, l’Italia è il Paese che ha recuperato meno rispetto al dato massimo del periodo pre-crisi e quello che ha fatto meno passi in avanti negli anni successivi.
In cifre: mentre a ottobre 2015 l’indice della produzione industriale francese si attestava a 100,5 punti (con 16,8 punti di distanza dal dato massimo del periodo pre-crisi e con un recupero di 8 punti rispetto al minimo registrato nel periodo di crisi), quello tedesco a 108,1 punti (con 2,5 punti di distanza dal dato massimo e un recupero di 27,8 dal minimo) e quello del Regno Unito a 99 punti (con 10,4 punti di distanza dal dato migliore e un recupero di 5,4 punti dal peggiore), quello italiano si fermava a 92,9 punti (con una distanza di ben 31,2 punti rispetto al dato migliore e un recupero di appena tre punti rispetto sul peggiore registrato nel periodo di congiuntura negativa).
Anche guardando il tasso di occupazione giovanile si osservano performance deludenti rispetto agli altri principali Paesi. In Italia, nel secondo trimestre del 2015, si attestava appena al 15,1%, contro il 48,8% del Regno Unito, il 43,8% della Germania e il 28,3% della Francia. La distanza rispetto al dato massimo del periodo antecedente la crisi economica è di 11,1 punti percentuali (contro i 5,6 della Francia, i 5,4 della Germania e i 6,5 del Regno Unito) e il recupero rispetto al dato peggiore è stato di appena 0,9 punti percentuali (come in Francia, ma inferiore a quelli Germania e Regno Unito, rispettivamente del 2,7% e del 4,2%).