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Così il Popolo della libertà resta senza nome

di Fabio Germani

Per il momento è una voce, come tante trapelate nelle scorse settimane. Fatto sta che potrebbe non chiamarsi Italia, il partito di Silvio Berlusconi. Il quale, piuttosto, sta pensando ad un ritorno di fiamma: Forza Italia. L’indiscrezione è iniziata a circolare dopo una recente cena a Palazzo Grazioli con il gruppo dei “Responsabili”. Se confermata, la voce non solo sconfesserebbe l’anticipazione dell’Agenzia Dire che per prima aveva mostrato il nuovo logo, ma persino le recenti dichiarazioni di quanti non avrebbero gradito l’eventuale riesumazione del precedente soggetto. Non a caso, prosegue il mormorio, ci sono da convincere gli ex colonelli di An apparsi a dir poco restii.
Il ritorno al passato può definirsi una mera operazione di marketing, stando alle probabili parole del premier, in quanto “il nome Forza Italia tira di più”. Italia, chiaro e lineare, aveva ottenuto l’endorsement di vari sondaggisti ed esperti di comunicazione. Tra questi finanche Sofia Ventura, politologa di area finiana (e adesso tra i delusi di Fli). Allo stesso modo, però, si erano registrate diverse opinioni negative (ad esempio quella di Luigi Crespi) per via della presunzione di rappresentanza: Italia poteva apparire di fatto come l’appropriazione indebita di un sostantivo che racchiude l’intera collettività, non esclusivamente l’elettorato del Cavaliere. Forza Italia, al contrario, è un marchio di fabbrica indelebile.
Berlusconi, infatti, più di ogni altro leader incarna il paradigma di McLuhan secondo cui il medium è il messaggio. Il medium, in questo caso, è il partito stesso. Tornare a Forza Italia significa decretare il fallimento del Popolo della libertà, ma non del progetto in sé bensì degli attori politici che lo hanno costituito per poi voltargli le spalle in un secondo momento. Molto meglio l’originale, insomma. Si tratterebbe così di una mossa volta a prendere ulteriormente le distanze dal cofondatore del Pdl, Gianfranco Fini, reo di essersi “venduto” alla sinistra e alle toghe rosse.
Ma non solo. Forza Italia è il bilanciamento ideale nei confronti dell’alleato leghista, forza politica dall’entità saldamente radicata. Il ritorno allo spirito del 1994 – evocato da Berlusconi in questi giorni dapprima con il dibattito sull’imposta patrimoniale e successivamente con il rilancio della proposta di modifica dell’articolo 41 – richiede un senso di appartenenza (nonché di credibilità) che il Pdl, a causa delle troppe liti intestine, ha rischiato di offuscare.
Tuttavia non si può non tenere conto che da allora sono passati tanti anni. All’epoca il partito Forza Italia, il cui nome riecheggiava un vecchio slogan della Dc, rappresentò una novità in salsa liberista offrendo il miraggio del “nuovo miracolo italiano”. L’attuale dialettica, invece, è incentrata sulla libertà individuale ancor prima che economica rispetto ad una magistratura e ad una stampa ritenute troppo invadenti nell’ambito della sfera privata. Si è perciò in attesa di scoprire quali prospettive reali (verosimilmente il compimento definitivo di quanto promesso nel ’94) possa esibire il restyling ad ‘effetto vintage’ del Pdl.
Ma il toto-nome non finisce qui, a dire il vero. C’è ancora un’ipotesi che sta prendendo piede proprio in queste ore. Di primo acchito ricorderebbe quel Popolari sostenuto dal Messaggero poco più di un mese fa, ma dalla maggiore efficacia semantica: Moderati. L’idea è quantomeno plausibile essendo quella dei moderati, appunto, la “piazza” a cui Berlusconi fa riferimento. Non c’è traccia di ufficiosità, il che fa pensare a un modo per sparigliare le carte e sondare il terreno prima di una decisione definitiva.
Circostanza che potrebbe verificarsi in tempi brevi, allorché si decida di andare (come molti sostengono nonostante le ultime smentite) al voto anticipato.

 

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