Quel panico generale, per due ore senza Skype | T-Mag | il magazine di Tecnè

Quel panico generale, per due ore senza Skype

Una società fondata sulla rete forse non è del tutto autonoma. Tra web addiction e guasti in agguato

Si può vivere due ore senza Skype? La domanda ha una sua legittimità se gli organi di informazione, come nel caso di oggi, si sono preoccupati celermente di seguire passo passo lo “stato di salute” del celebre software voip che è andato in crash poco prima delle 13 (è la seconda volta in un mese e per questo su Twitter in tanti hanno preso di mira Microsoft che ha recentemente acquistato Skype per 8,5 miliardi di dollari). Viviamo ormai in un’ottica talmente 2.0 da trovarci smarriti in caso di malfunzionamento della tecnologia e dei servizi su internet. Come quando, di tanto in tanto, accade che un attacco hacker mandi in tilt Gmail. Oppure quando, restando sempre in casa Google, Blogger non è stato raggiungibile per un paio di giorni. Apriti cielo, non sia mai che io non possa “bloggare” per 48 ore!
C’è poco da scherzare, però. Davvero la tecnologia è venuta così in ausilio all’uomo da rasentare una generalizzata crisi di panico al minimo cenno di guasto o problema temporaneo. Lo sanno bene quelle imprese o aziende che gestiscono la propria attività attraverso il web e che alla fine di aprile hanno di fatto rinunciato ad una giornata di lavoro per via dell’incendio nella webfarm di Aruba che ha reso inaccessibili migliaia di siti (ne sappiamo qualcosa anche noi, a dire il vero). In quell’occasione la Codacons paventò una class action ai danni del provider a causa del danno economico che l’incidente aveva provocato (poi Aruba a metà maggio ha reso noto che avrebbe provveduto da sé agli indennizzi).
Chissà invece come Poste Italiane penserà di potersela cavare. Qui la situazione è più complessa. Il nuovo sistema informatico dell’azienda fa i capricci dal primo giugno, vale a dire da quando è stato introdotto. Sono quattro giorni che spedire una raccomandata – tanto per fare un esempio – equivale a un’odissea. Ore e ore di fila con il rischio di non concludere nulla. E il bello, in tutto ciò, è che non si sa di chi sia la colpa. “Sono cose che possono succedere alle grandi aziende, sia pubbliche che private”, ha osservato il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà.
Certamente, ma intanto la Codacons è già in agguato. La richiesta è “poca” roba: un indennizzo per i danni materiali (bollette o contravvenzioni scadute) e per i disagi patiti dagli utenti. In altre parole, quelle del presidente Carlo Rienzi: “Un bonus da 50 euro da utilizzare in servizi postali in favore di coloro che hanno dovuto sopportare file agli sportelli superiori alle due ore, e 25 euro per ogni ulteriore ora di attesa dalla seconda in poi. Non solo. Il tavolo di conciliazione dovrà analizzare i singoli casi e stabilire indennizzi di entità superiore in quei casi in cui il disagio è stato maggiore”.
La tecnologia aiuta, altroché. Ma le macchine possono talvolta fare le bizze. E costare parecchi quattrini, soprattutto se c’è qualcosa che non va.

 

1 Commento per “Quel panico generale, per due ore senza Skype”

  1. […] i disservizi che hanno causato non pochi problemi all'utenza, Poste Italiane ha ha fatto sapere che è […]

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