Gli interessi italiani da proteggere in Libia e la versione di Scaroni
Francesco Forte sul Giornale passa in rassegna gli interessi italiani da proteggere in Libia. Da par suo, Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni intervistato dal Corriere della Sera, spiega che le contromisure per mantenere una posizione privilegiata quale partner commerciale dei libici sono state già avviate da giorni. “Siamo stati i primi a prendere contatti con il vertice degli “insorti”, cioè con il Cnt, il Comitato nazionale di transizione: il 3 aprile abbiamo incontrato il gruppo al gran completo a Bengasi e manteniamo contatti costanti, direi quotidiani, con loro. Non abbiamo timori per l’Eni in Libia. Ma la situazione ci preoccupa per il futuro immediato: queste fasi di transizione sono sempre molto delicate e complesse. E la vicenda apre, solo per il gas, il tema della sicurezza degli approvvigionamenti per il nostro Paese”. I rapporti con i ribelli, afferma ancora Scaroni, sono “speciali”. Lo furono meno quelli con Gheddafi, dettati esclusivamente da una questione di interessi. “Non ho avuto con lui rapporti frequenti. Ricordo quando nel 2008, dopo essermi recato per 19 volte in Libia allo scopo di rinegoziare una serie di contratti, ero già in aereo per il decollo e mi ha chiamato al telefono il suo assistente: Gheddafi voleva vedermi subito. Marcia indietro, colloquio: voleva porre il suggello politico ad accordi tecnici. È stato forse l’ultimo incontro “vero”. Poi mi sono rifiutato di partecipare alla pagliacciata a Roma dei cavalli berberi. Per fortuna avevo in agenda un viaggio al quale non potevo rinunciare”.