Crisi e crimine: così i reati in Italia | T-Mag | il magazine di Tecnè

Crisi e crimine: così i reati in Italia

E se l’insicurezza dei cittadini non avesse niente a che fare con la criminalità? Le statistiche ufficiali suggeriscono, in fondo, questa riflessione. Non c’è evidenza di una crescita dei reati che spieghi l’aumento della paura, delle ansie, delle incertezze. Piuttosto l’insicurezza dei cittadini sembra accompagnarsi al declino delle “società assicuranti” fondate sul diritto di pienezza della cittadinanza e sul riconoscimento politico delle istanze sociali.
Persino classi sociali un tempo “al sicuro”, come alcuni settori della classe media, oggi agitano la paura del crimine per denunciare un crescente senso d’incertezza riguardante la propria posizione sociale. Perché alla paura del crimine si associa la paura del fallimento, l’esperienza di chi si sente particolarmente vulnerabile, a causa della precarietà della sua posizione sociale.
La “paura del crimine” racchiude i rischi che riguardano sicuramente anche il pericolo reale della criminalità, ma che può essere compresa solo nei termini di un insieme di preoccupazioni politiche, economiche, culturali e sociali: la perdita della propria identità, le incertezze per il lavoro e l’abitazione, la precaria definizione dello status personale e del mondo simbolico, la perdita delle virtù civiche, i timori per la situazione economica.
La paura del crimine diventa espressione di “voci” che spesso si riferiscono a tutt’altre ansie, spesso legate a una nuova dimensione e a un nuovo orientamento dei rischi sociali.
La caduta di fiducia nelle capacità nello Stato di dare risposte ai bisogni e alle ansie dei cittadini attraverso politiche di regolazione economica, ha alimentato la percezione sociale dei rischi, dando corpo a nuove paure che si sono sommate alle vecchie.
Di seguito il quadro completo dell’indagine Tecnè. Qui l’articolo pubblicato su l’Unità del presidente di Tecnè-Italia, Carlo Buttaroni.

 

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